Homo erectus aveva la taglia e la struttura
corporea dell’uomo moderno, ma l’architettura del capo, pur cambiando, rimaneva
diversa. La capacità del cranio che negli esemplari più antichi si aggirava
sugli 800 ml, nel giro di qualche centinaia di migliaia di anni ha raggiunto i
1000 ml, e poi, in alcuni esemplari, i 1200 ml, che è il valore modale per le
popolazioni umane attuali di taglia media (fig.).
I reperti portati alla luce dagli antropologi ci dicono che viveva in caverne,
usava il fuoco e fabbricava strumenti di pietra. Non ci dicono se intrecciava
fibre vegetali per fare funi, canestri e stuoie, se conciava le pelli, se
fabbricava capanne e zattere, poiché questo è materiale che non si conserva.
Di solito non si prendono in considerazione questa attività che non sono
obiettivamente documentate ma che possono essere state parte importante di
quella cultura, intesa come somma di conoscenze e strumenti che permettono ad
una popolazione di sopravvivere. Trascurando questi aspetti, si giunge a negare
che Homo erectus godesse dei doni della parola e della coscienza che si
usa concedere solo a Homo sapiens e a Homo neanderthalensis.
La transizione all'uomo attuale
La produzione
di manufatti, l’uso del fuoco, il nuovo modo di alimentarsi, alla lunga hanno
avuto riflessi sulla struttura anatomica ed in particolare su quella del viso e
del capo. Il confronto dei resti fossili ci dice che le dimensioni dei denti e
dell’arcata alveolare nella quale essi si inseriscono, si sono ridotte, ma non
si sono ridotte altrettanto le dimensioni della mandibola, sicché il prognatismo
si è ridotto di poco e la sporgenza della mandibola ha costituito il mento. Si
sono ridotte le dimensioni dei muscoli temporali adibiti alla masticazione, il
cui punto di attacco è sceso dalla sommità della volta del cranio alle ossa
temporali. La riduzione dei muscoli masseteri ha avuto come conseguenza la
riduzione della arcate zigomatiche alle quali essi si attaccano, nonché la
restrizione del canale attraverso il quale passano i muscoli temporali. La
minore sollecitazione meccanica operata dai muscoli della masticazione ha avuto
altri effetti: la riduzione della trazione della volta cranica verso il basso ha
fatto sì che essa divenisse meno piatta e che le voluminose arcate
sopraorbitarie sulle quali si scaricano, in parte, quelle sollecitazioni si
riducessero; insomma, il viso si è ingentilito, almeno dal nostro punto di
vista.
Nel descrivere
le modifiche alle quali sono andate incontro le ossa craniche di Homo erectus,
non è stato adoperato il termine di evoluzione, ciò perché molti indizi portano
a credere che esse non sarebbero frutto di variazioni del patrimonio ereditario,
bensì di variazioni “ecofenotipiche”. In altre parole: ci sarebbe stata –a
parità di genotipo- una diversa realizzazione della morfologia, una diversa
realizzazione del fenotipo in rapporto a un habitat e a uno stile di vita meno
stressante.
Qualcuno ha
osservato in modo incisivo che Homo sapiens differisce da Homo erectus
quanto il leone nato in gabbia e cresciuto in cattività differisce dal leone
nato nella savana e cresciuto andando a caccia di robusti e veloci animali
erbivori. Le ultime e più cospicue modificazioni che appaiono nell’uomo moderno
sarebbero quindi dovute alla ‘domesticità’.
Epilogo
Molte persone
in questo mondo ritengono che ricercare la derivazione dell’uomo da primati
prossimi allo scimpanzé e al gorilla sia attività empia. Eppure sono molte le
religioni e le filosofie che insegnano che è un dovere onorare i propri
antenati, senza indicare limiti nel retrocedere nel tempo.
E’ pietas filiale indagare sulle lontane peripezie dei nostri
predecessori che hanno affrontato le inclemenze del tempo, i predatori, pericoli
di ogni genere ed hanno elaborato culture nelle quali trovano posto l’operare
razionale ed anche il dipingere e far musica. Così facendo hanno permesso a noi
di vivere e di essere quelli che siamo