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Il controllo a retroazione positiva sulla trascrizione

Il modello di controllo individuato nei batteri dai due studiosi francesi Jacob e Monod è conforme a quello del controllo a retroazione positiva  e riguarda in particolare la sintesi di enzimi digestivi.

Ciascuna batteria di geni che specifica gli enzimi che cooperano a un processo metabolico è preceduto lungo il cromosoma da una sequenza di nucleotidi, denominata gene operatore, che viene riconosciuta da apposite molecole proteiche indicate col nome di repressori (si osservino gli schemi a lato).

Se manca il substrato, gli enzimi idonei a digerirlo sono superflui, in rapporto a ciò la trascrizione dei geni corrispondenti viene bloccata dalla presenza di una molecola di repressore proteico che copre il gene operatore.

Al momento in cui il substrato penetra nella cellula, una molecola di questa sostanza interagisce con il repressore modificandone la forma: questo si stacca dal DNA e lascia libero il gene operatore, di conseguenza inizia la trascrizione e la produzione dell'enzima.

L'enzima digerisce le molecole del substrato, compresa quella che inibiva il repressore. Non appena viene liberato, il repressore ritorna sul sito dal quale si era staccato e inibisce la sintesi di altre molecole di enzima, divenute ormai inutili dato che il substrato manca.

In termini di cibernetica un processo di autoregolazione di questo tipo viene definito a retroazione positiva con fuga a zero. Ciò che va a zero è la concentrazione del substrato da digerire .

Questo sistema di controllo presenta tuttavia un rischio: se l'enzima subisce una mutazione che lo rende incapace di digerire il substrato attraverso il quale esso viene controllato, il sistema impazzisce: basta infatti che qualche molecola di substrato entri nella cellula perché il gene strutturale venga attivato e non smetta più di produrre un enzima che non serve a niente.

 In effetti, nei casi meglio studiati, si è constatato che la cellula è al riparo da questo rischio poiché col repressore interagiscono non già le molecole del substrato, bensì i primi prodotti della demolizione di queste molecole .

Le cose si svolgono perciò come se in uno stabilimento industriale la costruzione e l'istallazione di certi macchinari e l'introduzione di certe materie prime venisse decisa sol quando un prototipo risulta efficiente, in caso contrario quel settore di attività viene abbandonato. 

Il controllo a retroazione negativa sulla trascrizione.

Il dispositivo di autoregolazione sopra descritto funziona bene per quegli enzimi che servono solo se c'è qualcosa da digerire, altrimenti di essi si può fare a meno. Peraltro la cellula deve controllare in modo opportuno anche la produzione di enzimi che sintetizzano molecole necessarie ad ogni momento, e in quantità proporzionata a un fabbisogno variabile nel tempo. In tal caso l'autocontrollo funziona in modo diverso: a retroazione negativa .

 Un caso tipico riguarda la regolazione della sintesi di amminoacidi che vengono utilizzati di continuo, anche se in misura fluttuante, allo scopo di sintetizzare le proteine, e che pertanto devono essere disponibili a ogni momento nelle concentrazioni opportune.

Per rispondere a simili esigenze la produzione dell'enzima è così governata: la macromolecola del repressore destinato a chiudere il flusso della sintesi è incompleta (aporepressore) e diviene funzionante solo a patto di legarsi al prodotto finito che funge da corepressore: nel caso considerato con una molecola dell'amminoacido sotto controllo (fig. ).

 Ad esempio: quando le molecole dell'amminoacido Triptofano sono state sintetizzate in quantità tali da raggiungere la concentrazione ottimale, allora alcune di esse cominciano a legarsi ad altrettante molecole di aporepressore trasformandole in olorepressore; questo è capace di interagire col gene e di bloccare la sintesi del Triptofano.

E' importante notare che la sintesi degli amminoacidi e di altre micromolecole complesse non avviene a opera di un singolo enzima, bensì a opera di una batteria di enzimi: nei Procarioti i vari geni strutturali che specificano l'intera batteria sono sempre disposti lungo il genoma batterico uno di sèguito all'altro e l'intera fila è controllata da un singolo gene operatore (nel caso del triptofano gli enzimi sono cinque). E' anche da notare che l'aporepressore acquista la capacità di interagire con questo gene quando si è legato al prodotto finito, e non a un prodotto intermedio della lavorazione: ciò garantisce che non si verifichino disarmonie nel delicato processo.

La logica dell'autocontrollo nella genetica molecolare

La logica di un processo di autoregolazione a retroazione negativa è la stessa che viene impiegata nella gestione dei magazzini di grandi industrie: viene misurato di continuo lo spazio disponibile per ciascun articolo, e, non appena questo spazio è prossimo alla saturazione parte l'ordine di arrestare la produzione o l'acquisto di quell'articolo. Così si evitano intasamenti.

Nel caso portato ad esempio, però, entro la cellula non è stata interrotta la fabbricazione del prodotto finito (l'amminoacido) bensì quella del macchinario molecolare. Ciò non costituisce un inconveniente per due ordini di motivi. Primo, esistono dispositivi sussidiari che inattivano gli enzimi allorché il prodotto finito ha raggiunto la concentrazione ideale (essi non hanno rapporto diretto col DNA e in questa sede non ci riguardano). Secondo, la riproduzione batterica è tanto rapida che le molecole enzimatiche in eccesso ed inattive si diluiscono (non essendo più sintetizzate) nelle cellule della discendenza.

Sul modo in cui viene controllata l'erogazione dell'informazione genetica nelle cellule eucariotiche si sa poco, ma l'impegno dei ricercatori in questo campo promette risultati interessanti a breve scadenza.

Un dato è comunque sicuro: nella cellula eucariotica il controllo non viene effettuato su batterie di geni strutturali disposti in fila, ma su singoli geni. Ciò è vantaggioso poiché consente un più vario assortimento delle molecole enzimatiche in funzione delle necessità contingenti. Il controllo su singoli geni strutturali implica però che una più importante quota del genoma venga impegnata nei processi di regolazione. Infatti, mentre il controllo diretto sui singoli geni richiede l'aumento del numero dei geni regolatori, altri dispositivi dovranno assicurare il loro coordinamento e la loro sincronizzazione.

Questo controllo presso gli organismi pluricellulari si complica ulteriormente poiché l'erogazione dell'informazione genetica viene modulata in modo particolare per ciascun ceppo cellulare che si differenzia sia nel corso dell'embriogenesi animale sia nel differenziamento dei tessuti proliferativi delle piante.

Insistendo sulla similitudine tra linguaggio umano e flusso informativo genetico, si può dire che per la genetica batterica si conoscono bene parole e grammatica e quindi si comprendono le frasi che definiscono il montaggio delle molecole informazionali; anche sintassi e logica sono conosciute, benché in modo incompleto, per cui vengono compresi piuttosto bene l'autocontrollo e la strategia. Per quanto concerne la genetica molecolare degli Eucarioti, invece, si deve dire che parole, grammatica e brevi messaggi vengono compresi, mentre la sintassi, cioè il modo con cui sono interconnessi i singoli programmi per ora sfugge quasi del tutto.

Schema riassuntivo della trascrizione

 

 

 

Modello di induzione genica in un operone; nello schema  il substrato che deve essere demolito (quadratini neri) si lega con il repressore, per cui il gene operatore è libero di operare; in questo modo la RNA polimerasi può trascrivere i geni strutturali a, b, c che sintetizzano gli enzimi α, β, χ, che demoliscono tutto il substrato a disposizione (quadretti neri dello schema); quando il substrato è esaurito, il repressore blocca il gene operatore che cessa la sintesi degli enzimi

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 In A dello schema qui sotto i geni strutturali forniscono l'informazione necessaria per produrre gli enzimi che sintetizzano a partire dal substrato il prodotto finito; l'aporepressore (ar) non è in grado di agire, in quanto non può legarsi al gene operatore. Quando il prodotto finito pf ha raggiunto la concentrazione ottimale, si lega all'aporepressore che così può interagire con l'operatore, impedendo l'ulteriore produzione di enzimi.

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