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Il substrato molecolare dell'ereditarietà e la sua duplicazione

Sulla natura del substrato che trasporta - per così dire - i caratteri ereditari da una generazione all'altra gli studiosi hanno indagato fin da tempi antichi. Già nel Settecento, per pure esigenze logiche, de Maupertuis (1698-1759), matematico e geometra, aveva sostenuto che questo substrato esiste e viene duplicato in seno ad ogni organismo in vista della riproduzione. L'idea era molto fertile, e fu cautamente ripresa da Buffon (1707-1788), ma le conoscenze scientifiche di quell'epoca non consentivano di avanzare ipotesi più precise.

Alla fine dell'Ottocento fu compiuto un importante passo avanti : fu riconosciuto che questo substrato materiale è racchiuso entro il nucleo di ogni cellula e che, ad ogni divisione cellulare, esso passa nelle cellule figlie.

Nei primi anni del Novecento divenne chiaro, altresì, che questo substrato è autoriproducibile, non riceve cioè uno stampo da strutture estranee, ma si duplica 'ricopiando' se stesso (E. Giglio Tos, 1865-1921).

Ci vollero ancora quarant'anni per riconoscere che esso consiste in molecole di acido desossiribonucleico (DNA) e solo nel 1953 la conformazione delle lunghe macromolecole di questa sostanza è stata ricostruita da Watson e Crick. Questi autori, identificata la doppia elica del DNA, intuirono prontamente in qual modo la macromolecola polimerica si riproduceva eguale a se stessa.

 

La replicazione del DNA

può essere così esposta: i due filamenti di cui è composta la doppia elica si divaricano in modo da formare una forca (forchetta di duplicazione) a Y ai margini interni della quale si trovano esposte le quattro basi A,C,G,T, cioè le lettere che costituiscono i messaggi genetici (fig). A questo punto i nucleotidi 'attivati' che si trovano disciolti entro il citoplasma, entrano nel nucleo e vanno a disporsi ciascuno in corrispondenza della base complementare: a fronte della base A si colloca la base T, a fronte della base C si colloca la base G e viceversa.

A mano a mano che i monomeri assumono la corretta successione, appositi enzimi contenuti nell'apparato della replicazione li saldano in modo da formare nuovi filamenti che si allungano sempre più per il progressivo avanzamento della forca: l'energia occorrente alla polimerizzazione è fornita dal distacco dell'acido pirofosforico

Grazie ad esperimenti progettati ed eseguiti con grande bravura questo complicato processo è stato ricostruito nei più minuti particolari; tra l'altro si sa che esso non è simmetrico poichè i due filamenti hanno polarità inversa; in questa sede non è il caso di esporre questi pur importanti dettagli, basterà dire che è la molecola stessa del DNA che serve da modello per la propria replicazione e che ciascuna nuova 'copia' è formata da un filamento preesistente e da uno di nuova sintesi.

L'apparato enzimatico (DNA-polimerasi) duplica la doppia elica del DNA, in modo che le cellule figlie vengano dotate di corredi eguali e completi ; il processo è molto veloce: in un batterio a 37°C circa 300 nucleotidi vengono selezionati e messi al posto giusto nel giro di un secondo. Nonostante la velocità il funzionamento è assai preciso. La precisione è dovuta al reciproco 'riconoscimento' delle molecole aventi struttura complementare ed anche al fatto che una parte del dispositivo controlla se il montaggio dei due nuovi filamenti è stato compiuto in modo corretto: se nel processo di copiatura si è verificato qualche errore, il congegno smonta il segmento che contiene l'irregolarità e lo monta di nuovo in modo corretto .

A questo congegno è stato dato il pittoresco nome di 'correttore di bozze' poichè si comporta in modo analogo a quello degli autori che rivedono quanto stanno per pubblicare. In termini di informatica esso può essere definito più appropriatamente come filtro che tende a eliminare il rumore che si insinua nel canale informativo DNA® DNA.

 

Le mutazioni e le loro conseguenze.

Il sistema di copiatura è eccellente, e tale è anche il filtro, ciononostante qualche errore passa lo stesso: si stima che ad ogni atto riproduttivo in media un nucleotide su centomila (1x105) venga inserito nel posto sbagliato, dopodiché l'errore può perpetuarsi nelle generazioni successive. Questi errori vengono detti mutazioni .

Le ripercussioni di una mutazione sul nuovo organismo possono essere molto gravi, esso, ad esempio, può divenire incapace della sintesi di un composto non disponibile nell'ambiente in cui vive: in tal caso l'ambiente funziona a sua volta da filtro ed elimina la mutazione (letale) insieme all'organismo che la porta. Le ripercussioni di una mutazione tuttavia possono essere anche trascurabili o nulle, sempre relativamente all'ambiente in cui l'organismo vive, la mutazione allora si perpetua e quindi nella popolazione si incontrano individui che portano il gene nella forma originaria e altri che lo portano in una o più forme alternative; a ciascuna forma alternativa si dà il nome di allele (genico).

Rare volte le conseguenze di una mutazione sono positive per la cellula, in tal caso il portatore del nuovo stato alternativo, cioè dell'allele vantaggioso, si trova ad essere privilegiato e privilegiati saranno i suoi più numerosi discendenti. Questi rari eventi stanno alla base dei processi evolutivi.

Enzimi coinvolti nella duplicazione

 

 

Schema riassuntivo dei processi che portano alla formazione dei polipeptidi

 

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