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La teoria dell'evoluzione

Le idee sulla trasformazione delle specie viventi rimontano alla metà del Settecento, allorquando lo sviluppo della geologia e della paleontologia rese chiaro che la crosta terrestre col trascorrere del tempo aveva subito trasformazioni importanti e che molti organismi vissuti nel passato erano in seguito scomparsi: le nummuliti, le ammoniti, le belemniti, le trilobiti erano allora già note e le loro vicende erano causa di perplessità e discussioni. 

Questi dati di fatto obbligavano gli studiosi a considerare nella prospettiva storica gli eventi cui erano andati incontro nel passato animali e piante, tanto più che era ormai acquisito che ciascuna specie è in equilibrio con l'ambiente. Su questo punto due filosofi, Denis Diderot (1713-1784) e Paul-Henry D'Holbach (1723-1789), avevano concluso: quando l'ambiente muta, le specie che vi dimorano e da esso dipendono, o si trasformano o periscono.

Questa proposizione, difficilmente confutabile, fu enunciata verso la metà del Settecento, ma solo nell'Ottocento l'evoluzionismo venne sviluppato sul piano naturalistico: protagonisti di quella profonda rivoluzione furono Jean Baptiste Lamarck (1744-1829) e Charles Darwin (1809-1882).

Non è il caso di esporre nei particolari le teorie formulate dall'uno e dall'altro studioso, basterà indicarne i punti salienti.

L'universale parentela di tutti i viventi

Lamarck sostenne che gli organismi viventi sono tutti tra loro imparentati in un modo che può essere raffigurato con una sorta di albero alla base del quale stanno le remote forme originarie più semplici, mentre le ultime ramificazioni corrispondono alle specie oggi riconoscibili. 

Si trattava di un'affermazione di grandissima importanza e che obbligava a ripensare l'intera storia dei viventi, i quali, non solo si trasformerebbero nel tempo, ma si trasformerebbero in direzioni divergenti. Lamarck stesso dette un vigoroso impulso a questa radicale revisione riesponendo l'intera zoologia a cominciare dalle forme più semplici, salendo via via verso quelle più complesse. Egli sostenne inoltre che le le specie non sono entità stabili, bensì in perpetua trasformazione per due diversi ordini di cause: 

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l'uso potenzia e il disuso debilita e riduce le strutture di un individuo, e tali effetti vengono trasmessi alla sua discendenza; 

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in ogni organismo è intrinseca una tendenza (dovuta a fattori fisici) che lo fa progredire verso una crescente complessità.

La prima proposizione - che Lamarck traeva dalla biologia settecentesca - oggi non sembra più valida, almeno nella forma in cui venne formulata (1)

Jean Baptiste Lamarck (1744-1829)  

 

Charles Darwin (1809-1882)

La selezione naturale 

Mentre Lamarck aveva affrontato i più ampi temi della trasformazione dei viventi e della loro universale parentela, Charles Darwin preferì circoscrivere l'indagine all'origine delle specie che, anche ai suoi occhi, apparivano come entità instabili in perpetua trasformazione.

Il naturalista inglese si convinse che le specie si trasformano grazie a un processo corrispondente a quello che gli agricoltori e gli allevatori di bestiame mettono in pratica. Costoro effettuano la selezione di quegli individui che manifestano le caratteristiche che meglio rispondono alle richieste di mercato, usandoli di preferenza per la riproduzione: così facendo giungono a cambiare gradatamente le caratteristiche delle piantagioni di alberi da frutto, delle coltivazioni di cereali, delle greggi di pecore, delle mandrie di bovini. Parallelamente, affermò Darwin, in seno alle popolazioni di organismi liberi in natura, grazie al confronto con le avverse condizioni ambientali - meteorologiche, biologiche, fisiche - (che in certo modo corrispondono alle richieste di mercato) si effettua la 'selezione naturale' degli individui che diventano i riproduttori di ciascuna nuova generazione. Ad es., le lepri più rapide nella fuga di fronte al predatore lasceranno più discendenti, e altrettanto accadrà per i larici che presso le nevi eterne resistono ai geli più intensi. Col succedersi delle generazioni le popolazioni si trasformano, poiché i riproduttori per effetto della selezione di varianti ereditarie dei caratteri fisiologici e morfologici che meglio rispondono alle richieste ambientali si allontanano sempre più dalle caratteristiche medie presenti nella popolazione d'origine. 

Le basi concettuali della teoria dell'evoluzione.

Le idee di Lamarck, esposte nel modo più organico nel 1809 e nel 1815 e le idee di Darwin, esposte nel suo capolavoro Origine delle specie del 1859, furono al centro di un vivacissimo dibattito. Ernst Haeckel (1834-1919), zoologo tedesco, riprese le idee di Lamarck costruendo 'alberi filogenetici' che rispecchiavano le parentele dei più importanti gruppi di animali; Alfred Wallace (1823-1913) - che aveva elaborato indipendentemente da Darwin una teoria sulla selezione naturale - arricchì la casistica esposta dal suo più anziano collega, mentre altri autori tentavano di colmare le lacune della teoria o ne criticavano i punti deboli.

Simile lavoro, protrattosi per oltre un secolo, ha fatto sì che oggi si può tranquillamente asserire che la teoria della evoluzione ha basi concettuali assai solide.

La teoria dell'evoluzione, come ogni teoria del resto, consta di una serie di proposizioni. In altre discipline scientifiche le proposizioni possono avere la forma di assiomi o di teoremi; nel caso dell'evoluzionismo (= teoria dell'evoluzione) i teoremi sono difficili da formulare e da dimostrare veri sul piano teorico, ciononostante ciascuna delle proposizioni in cui l'evoluzionismo si articola può essere dimostrata vera perché assiomatica o perché suffragata da osservazioni e da esperimenti. Questo procedimento porta a concludere che la teoria della evoluzione ha consistenza non diversa da quella della gravità o di altri principi di fisica; porta a concludere inoltre che ad essa conviene credere perché risponde ai medesimi criteri che hanno convalidato altre teorie che da secoli risultano utili e intellettualmente soddisfacenti. Nei tre paragrafi che seguono sarà discussa la validità logica di ciascuna delle proposizioni il cui insieme costituisce la teoria dell'evoluzione.

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Ernst Haeckel (1834-1919)

1) Lamarck, per giustificare l'ereditarietà dei caratteri acquisiti, fa  ricorso ad un complicato psicologismo che è stato severamente  criticato da vari autori dell'Ottocento tra cui Ch. Darwin

 

 

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