Il paesaggio terrestre durante la prima parte del Paleozoico
L'evoluzione del piano organizzativo delle Piante è legata alle richieste che l'ambiente ha posto agli organismi che popolavano le acque interne all'inizio del Siluriano, circa 450 milioni di anni fa (fig.).
A quel tempo il mare e la flora di alghe che vi cresceva non erano molto diversi da quelli attuali, ma le terre emerse e le acque interne presentavano un aspetto desolato.
Lo scenario che possiamo proporre è il seguente :
I continenti erano sterili distese rocciose e pietrose sulle quali le acque piovane scorrevano senza alcun freno, tracciando corsi simili agli uadi
(canaloni) che oggi solcano il deserto del Sahara: appena cessava la pioggia, l'acqua spariva in fretta lasciando solo alcune pozze temporanee. Più simili ai fiumi che vediamo oggi erano quelli, gelidi e turbolenti, che sgorgavano da ampi ghiacciai, ovvero quelli che si formavano là dove banchi di rocce permeabili sovrastavano
strati impermeabili: la massa d'acqua inghiottita nei crepacci scorreva sulla falda sottostante e scaturiva a valle nelle risorgive dalle quali nascevano fiumi dalla acque limpide e ossigenate.
Diversa era la situazione delle acque nelle distese pianeggianti situate ai margini dei mari interni e degli oceani ove si stendevano senza fine lagune, pantani e paludi. La durate di quei bacini non era mai lunga, poiché venivano presto colmati dall'abbondante detrito trasportato dai corsi a regime torrentizio e dagli avanzi degli organismi che vi morivano.
Lo stesso detrito d'altra parte tendeva a formare cordoni di ciottoli e rena che sequestravano nuove distese d'acqua ai margini dei mari e dell'oceano, generando così nuove lagune e paludi, o grandi delta fluviali.
Le richieste che le acque interne pongono ai loro abitatori
Per gli organismi vegetali ospitati nelle acque correnti i problemi più urgenti erano quelli di evitare il trascinamento a valle e di resistere ai periodi di siccità. Importante era anche la produzione di spore e propaguli da affidare al vento: mentre le acque fluiscono sempre verso il basso e verso il mare, il vento soffia in ogni direzione e offre ai nuovi
organismi la possibilità di insediarsi anche in luoghi situati a monte di quelli abitati dai loro parenti.
Le acque stagnanti al contrario di quelle correnti, si impoveriscono di ossigeno, soprattutto nelle stagioni calde durante le quali si saturano di sali, sia di sali nutritivi, sia di sali ostili alla crescita dei vegetali quali il solfato di calcio (il gesso) e il cloruro sodico (il salmarino).
Per gli organismi intrappolati in simili bacini era impellente risolvere i problemi relativi alla ricorrente asfissia, alle fluttuazioni della pressione osmotica, alla assunzione selettiva dei sali nutritivi. Era anche importante garantire la panmissia (cioè un efficiente rimescolamento genetico) in un ambiente in cui le popolazioni erano frazionate in nuclei
non intercomunicanti.
Nel corso dell'evoluzione un piccolo gruppo di Clorofite, vicine alle Caroficee (fig.) ha differenziato alcuni materiali e alcune strutture che sono risultate molto efficienti. Una parete cellulare di cellulosa che difendeva passivamente le cellule, con poca spesa energetica, dalle variazioni di concentrazione osmotica: una cuticola impermeabile che
ritardava l'essiccamento delle parti esposte all'aria; un ciclo biologico che conduceva alla formazione di spore aeree da affidare al vento. Si andò evolvendo anche un nuovo tipo di architettura, il cormo, nel quale un fusto dava sostegno all'organismo che, al di fuori dell'acqua, si trovava privo della spinta archimedea e diventava pesante.
Quali sono state le acquisizioni che hanno consentito alle Piante di resistere ad avversità ambientali e che hanno finito, cosa non programmata, con l'emanciparle dall'acqua?
Per rispondere a questa domanda,è necessario esaminare la struttura del
cormo.