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Etologia

Duecentocinquant'anni fa Linneo, nel descrivere le specie animali, aggiungeva spesso alcune parole che ne tratteggiavano i costumi: quelle rapidissime osservazioni del naturalista svedese ci aiutano ancor oggi a identificare i soggetti ai quali egli si riferiva. In effetti il comportamento è parte integrante del modo di essere di ciascun organismo.

In tempi più recenti l'uso di descrivere i costumi degli animali è parso poco rigoroso, e non senza ragione, poiché troppo spesso le azioni degli animali venivano interpretate in modo 'antropomorfico', attribuendo cioè ad essi i sentimenti e le motivazioni proprie dell'uomo. Di conseguenza, per dare impianto scientifico alla materia, sono nate la 'psicologia comparata' e il 'behaviourismo' come discipline ben distinte tanto dalla psicologia tradizionale di stampo filosofico, quanto dalla zoologia e dalla fisiologia.

In epoca ancor più vicina, intorno alla metà del secolo, tuttavia, lo studio naturalistico del comportamento considerato in correlazione con l'habitat, con la storia evolutiva, con l'equipaggiamento fisiologico, è stato rivalutato da studiosi, quali Konrad Lorenz (1903-1989), Nikolaas Tinbergen (1906-1987), Robert Hinde i quali hanno saputo evitare i trabocchetti dell'antropomorfismo e dare dignità scientifica all' Etologia.

Il campo dell'Etologia peraltro, rimane percorso da dispute violente poiché questa disciplina scientifica pone in discussione e ribalta molte consolidate concezioni relative all'uomo. Varie attitudini psicologiche e morali di cui l'uomo va fiero: trasmissione culturale, controllo dell'aggressività, socialità, non vengono più riconosciute come sua prerogativa esclusiva, bensì come retaggio di antenati preumani.

In questo capitolo le nozioni fondamentali dell'etologia vengono esposte in modo coerente con le nozioni fornite nei capitoli precedenti che trattano del flusso d'informazione e delle strategie selezionate nel corso dell'evoluzione. In particolare, il comportamento sarà considerato come attività innescata dell'analisi del flusso di informazione proveniente dall'ambiente esterno, analisi finalizzata al soddisfacimento di bisogni: nutrirsi, riprodursi, sottrarsi ai predatori, tornare al proprio territorio o al proprio nido, assolvere al proprio ruolo nella società.

Questo criterio aiuta a evitare interpretazioni rozzamente semplicistiche e a procedere con coerenza. Se infatti la digestione va interpretata in base ai processi della chimica, e il volo degli uccelli in base ai principi della meccanica e dell'aerodinamica, il comportamento va interpretato tenendo conto dei principi, ormai ben collaudati, della teoria dell'informazione.

Le tassìe, cioè il comportamento innato nei microorganismi

Ogni microorganismo è ereditariamente dotato di programmi per la sintesi e la corretta collocazione spaziale di enzimi che, agendo in sequenza preordinata, sintetizzano a loro volta molecole dotate di modesta o grande complessità.

Allo stesso modo, esso è ereditariamente dotato di programmi comportamentali che lo pongono - ad esempio - in condizione di risalire il gradiente di concentrazione di una data sostanza al fine di raggiungere il luogo della sua emissione, cioè la fonte del segnale.

Entrambe queste attitudini dipendono da speciali sequenze di reazioni fisico-chimiche alle quali il microorganismo non può sottrarsi, a partire dall'istante in cui lo stimolo specifico, che ha agito sui suoi sensori, ha innescato il processo. E' tuttavia possibile che insorga un altro programma comportamentale che, avendo la priorità, lo frena; esempio di programma prioritario è quello di fuggire da un fattore nocivo.

Simili comportamenti geneticamente determinati che fanno parte dell'equipaggiamento di ciascun microorganismo, vengono chiamati tassìe e possono essere definiti innati: essendo muniti di uno specifico dispositivo innato, i batteri a metabolismo anaerobio si allontanano dalle sorgenti di ossigeno, sostanza per loro tossica; quelli fotoautotrofi si dirigono verso la luce che fornisce loro l'energia occorrente, e via dicendo.

Le tassìe sono di solito semplici: sia dal punto di vista logico-operativo, sia dal punto di vista strutturale, sicchè la tecnologia umana non trova difficoltà ad imitarli e a dotare con essi gli automi che essa costruisce: un neurologo, studioso di cibernetica, W.G. Walter, ha costruito negli anni Cinquanta due 'tartarughe artificiali' in grado di dirigersi verso una sorgente di luce ove potevano ricaricare le proprie batterie in via di esaurimento. Esse simulavano le operazioni eseguite da un animale affamato per trovare il cibo.

Konrad Lorenz suggerisce che si può omologare il programma genetico che dirige un comportamento innato al software di un computer, mentre lo hardware di un computer può essere omologato vuoi alle strutture organiche che raccolgono e convogliano i segnali (recettori e organi di senso), vuoi alle strutture motorie che effettuano la risposta.

Comportamento istintivo, o geneticamente prefissato

Il modo di intendere l'istinto, che etimologicamente vuol dire 'spinta', è stato molto dibattuto e la sua stessa esistenza è stata contestata a partire da Condillac (1715-1780) fino ai moderni behaviouristi.

In effetti, se si escludono i microorganismi unicellulari presso i quali, come si è detto, i comportamenti appaiono rigorosamente predeterminati al pari di ogni altra funzione fisiologica, per i Metazoi è difficile postulare un confine netto tra comportamento istintivo, geneticamente determinato, comportamento appreso, e anche comportamento divenuto automatico e invariabile a sèguito di un precoce apprendimento (imprinting).

    I criteri più sensati che oggi ricevono largo consenso sono:

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la nozione di istinto non va applicata al comportamento degli organismi unicellulari le cui reazioni si svolgono, come si è detto, allo stesso modo dei processi fisiologici;

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si deve ammettere che il comportamento istintivo dei vertebrati non è immutabile, ma che ad esso si può sommare una componente appresa che lo modifica, fino a inibirlo

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si deve riconoscere che nel comportamento appreso e in quello eseguito estemporaneamente può intervenire, a mo' di sottoprogramma, una componente istintiva.

Si tratta ora di chiarire le basi dell'apprendimento.

 

La memoria, l'apprendimento

A prima vista la memoria può sembrare un'attitudine estranea alla biologia e di stretta pertinenza della psicologia, ma non è difficile persuadersi del contrario. Basta pensare quanto sia importante per la sopravvivenza di un animale ricordare in qual luogo ha trovato il cibo per sfamarsi, l'acqua per dissetarsi, ricordare il luogo in cui si è imbattuto in un predatore all'agguato, oppure la via giusta per uscire da un labirinto.

Nel momento in cui l'informazione memorizzata viene impiegata come guida alla soluzione di problemi, si parla di apprendimento.

Attraverso semplici esperimenti si è constatato che la capacità di apprendere è già presente presso animali molto semplici, dotati, oltre che di organizzazione pluricellulare, di sistema nervoso sia pure rudimentale. Al contrario, non si è mai potuto documentare che i protisti possano apprendere alcunché. Queste considerazioni autorizzano a concludere, almeno in via provvisoria, che la memoria sia legata a reti di neuroni o, comunque, a strutture speciali del sistema nervoso.

L'apprendimento è agevolato da tre fattori: la ripetizione, il premio, la punizione. Molti animali (vermi, molluschi, insetti, topi) sono stati addestrati a scegliere la sinistra o la destra lungo un percorso a forma di Y. Si è proceduto, ad esempio, offrendo dalla parte sinistra una ricompensa di cibo, oppure somministrando sul lato contrario una lieve scossa elettrica a mo' di punizione. Entrambi i sistemi risultano efficaci nel promuovere l'apprendimento, ma si è constatato che, mentre occorrono ripetute ricompense per far apprendere la svolta giusta, spesso basta una singola punizione per condizionare la risposta dell'animale.

 

L'imprinting

Uno dei più importanti risultati conseguiti dall'etologia moderna, e che ha rovesciato antiche convinzioni, lo dobbiamo a K. Lorenz il quale ha identificato il fenomeno dell'imprinting. L'etologo viennese ha constatato che l'anatroccolo è geneticamente programmato a riconoscere come 'madre', e a seguirlo, qualunque oggetto in movimento che trovi presso di sè nelle prime ore dopo la schiusa; divenuto adulto, l'uccello tenderà a riconoscere in quell'oggetto la femmina della propria specie.

In natura il primo oggetto in movimento che l'anatroccolo si trova accanto dopo la schiusa è in effetti la chioccia che l'ha covato quando era dentro l'uovo. Però i giovanissimi uccelli schiusi in un incubatoio possono adottare come 'madre' lo sperimentatore o possono essere forzati in sede sperimentale, a riconoscere come madre una scatola o un palloncino tirato da un filo.

Lorenz si era occupato all'inizio di oche e di polli, ma non ha tardato ad accorgersi che l'imprinting è un fenomeno comune e diffuso in molte specie di vertebrati: si può riscontrare un imprinting per il cibo da assumere (e per quello da rifiutare), per le cure parentali da somministrare, e persino per il comportamento sessuale.

L'apprendimento precoce e indelebile, ereditariamente predeterminato, consente una grandissima economia di informazioni genetiche, soprattutto per quanto riguarda il riconoscimento sul canale visivo o su quello uditivo. Questo riconoscimento appare di difficile e costosa codificazione nel patrimonio genetico. L'imprinting invece può soffrire - come si è visto - di interferenze, tuttavia l'economia compensa largamente simile danno, del tutto eccezionale in natura.

Alcune forme di imprinting esistono presso la specie umana; l'imprinting più importante è quello che riguarda l'uso della parola, che può venire appreso solo tra uno e nove anni di età; altri ne esistono che possono essere compromessi qualora il neonato, o il bambino, venga sottratto all'ambiente in cui può riceverli. 

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