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Trilobiti

Cheirurus

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Organizzazione delle trilobiti, vista dorsale

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Le Trilobiti, artropodi del Paleozoico

I più antichi artropodi sono le Trilobiti fossili già abbondanti nel Cambriano inferiore.

Questi animali (fig) avevano per lo più forma ovale, dorso convesso, capo (kephalon) foggiato a mezza luna; l'addome era formato da segmenti eguali, ma in molte specie i segmenti terminali erano saldati tra loro. Caratteristica apparentemente superficiale, ma che è rimasta costante per tutto il tempo che ha durato la classe, è la divisione longitudinale delle piastre chitinose che proteggono il dorso (tergi) in tre porzioni: quella mediana protegge la parte centrale del corpo, mentre le due porzioni laterali coprono le delicate appendici formate da due rami diversi.

Sul capo delle Trilobiti erano situati due grossi occhi composti,diretti verso l'alto o verso i lati, mentre sulla faccia ventrale c'erano talvolta due antenne situate davanti alla bocca e, di regola, quattro paia di appendici eguali a quelle del tronco. Bisogna tuttavia considerare che la regione ventrale delle Trilobiti è delicata e mal conservata per la maggior parte delle specie, e quindi imperfettamente ricostruita. E' però certo che in questi animali esisteva sempre una ripiegatura del bordo anteriore dello scudo cefalico, il cosiddetto labbro superiore (o epistoma): tale struttura persisterà presso la maggior parte degli artropodi estinti e viventi.

Dell'anatomia interna delle Trilobiti si sa poco : la faringe che collega la bocca con lo stomaco muscolare era conformata ad U e dal primo tratto dell'intestino medio si diramavano due o più paia di grosse ghiandole digestive collocate sotto lo scudo cefalico: in esse avveniva la digestione intracellulare.

Storia naturale delle Trilobiti

 Una parte delle specie di Trilobiti vivevano tra gli scogli e si nutrivano a spese di organismi sessili poco rapidi nella fuga : conservavano antenne lunghe e delicate e occhi composti rivolti lateralmente e in avanti, si muovevano senza ondulazioni laterali avanzando più o meno come i porcellini di terra. Altre specie vivevano semisepolte nella sabbia o nel limo dei fondali marini ove si nutrivano a spese di invertebrati che afferravano e trituravano con il primo articolo (gnatobase) delle appendici situate accanto e dietro la bocca.

Appare probabile che alcune specie si nutrissero di fine detrito organico che veniva spinto dalle appendici posteriori verso il capo il cui bordo anteriore formava una sorta di diga semicircolare. Altre Trilobiti, i Marrellomorfi, optarono per la vita pelagica grazie allo sviluppo delle appendici (bifide) e in particolare di quel loro ramo munito di setole laterali. Questo sviluppo, parallelo a quello che si osserva in taluni crostacei pelagici (Copepodi calanoidi per es.) ritardava l'affondamento dell'animale nel momento in cui esso cessava di remigare. Le Trilobiti deponevano uova relativamente grandi dalle quali schiudevano tipiche forme giovanili (fig.) abbastanza simili all'adulto del diametro di 1-2 millimetri. Subivano numerose mute: l'involucro chitinoso si apriva all'articolazione tra i pezzi scheletrici del capo e veniva abbandonato (esuvia).

Le popolazioni erano assai numerose, tanto che i loro avanzi hanno formato parte cospicua dei giacimenti dal Cambriano fino al Siluriano.

Le numerosissime specie (se ne conoscono oltre 10 000) andarono riducendosi in numero e dimensioni fin dal Siluriano, e pochissime ne rimanevano alla fine del Paleozoico, quando furono travolte nella grande crisi che segna il passaggio dal Permiano al Trias .

Probabilmente le Trilobiti non ressero alla competizione con forme più moderne di artropodi (Merostomi, Crostacei) e con i primi vertebrati: i grandi occhi situati sulla volta dello scudo cefalico segnalavano l'arrivo dell'ombra del predatore e quindi la necessità di interrarsi in tutta fretta, ma ciò non fu sufficiente.

Marella

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Marella, ricostruzione

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Larve di trilobiti

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