L'informazione genetica passa da una
generazione cellulare all'altra grazie alla
duplicazione e trasmissione del
substrato in cui è scritta. Si è visto anche in qual modo questa
informazione viene 'letta' (attraverso i processi di
trascrizione e traduzione)
al fine di approntare le molecole che danno sostegno alla cellula e
presiedono al suo metabolismo.
Negli organismi in cui esiste un solo
corredo cromosomico, cioè aploidi, la trasmissione ereditaria avviene in
modo uniforme (salvo le rare mutazioni che compaiono nel genoma) finché
non subentrano i processi di sessualità, pertanto le differenze che si
osservano tra gli individui appartenenti a un
clone dipendono solo dalle
interferenze dei fattori ambientali (alimentazione, illuminazione,
temperatura) con l'informazione ereditariamente trasmessa. Quando poi
subentrano i processi di sessualità, ad alcuni
alleli se ne sostituiscono
altri: a causa di ciò di solito cambiano i particolari morfologici e
biochimici, ma non le linee generali della morfologia e del funzionamento.
Negli organismi diploidi muniti di un
doppio corredo cromosomico, coabitano invece due serie di informazioni
genetiche più o meno diverse che si integrano e riassortiscono in modo
diverso ogni volta che intervengono i processi di sessualità, evento che
per gli animali e le piante si ripete a ogni generazione o a ogni ciclo
riproduttivo.
Le conseguenze di questa integrazione e di
questo riassortimento sono state comprese per la prima volta da Gregorio
Mendel il quale, a seguito di una brillante sperimentazione, ha enunciato
(nel 1866) alcune regole che sono risultate molto feconde per lo sviluppo
della scienza dell'eredità e chiave per risolvere questioni fondamentali
della biologia.
Il
principio della dominanza
Mendel nell'impiantare la sua ricerca usò
un accorgimento assai utile in tutte le discipline scientifiche
sperimentali: prese in considerazione una variabile per volta, cioè, nel
caso specifico, una variante morfologica per volta.
Scelse infatti con cura due ceppi di
piante che differivano per una sola coppia di caratteri alternativi e che
si riproducevano mantenendo costante quel loro carattere, e provvide a
incrociarle mediante fecondazione artificiale. Incrociò piante di pisello
a fusto lungo con piante di pisello a fusto nano ottenendo sempre nella
prima generazione piante 'ibride' a fusto lungo. Ripeté l'esperimento con
altri ceppi che differivano, rispettivamente, per la coppia di caratteri
'seme giallo' e 'seme verde', e per la coppia di carattere 'seme liscio' e
'seme grinzoso': di nuovo ottenne una prima generazione uniforme per uno
dei caratteri saggiati: rispettivamente 'seme giallo' e 'seme liscio'.
Questi e altri risultati, che del
resto confermavamo risultati simili ottenuti in precedenza da orticultori
e allevatori, lo indussero a formulare il 'principio della dominanza' che
così suona:
Se si incrociano individui di'linea
pura' che differiscono per una coppia di caratteri alternativi si ottiene
una prima generazione uniforme di organismi che presentano tutti uno
soltanto dei due caratteri. Questo carattere venne poi designato
dominante mentre quello che spariva venne designato come recessivo.
Proseguendo nella sua ricerca, Mendel
incrociò tra loro le piante ibride di prima generazione che presentavano
il solo carattere dominante. Da esse ottenne tanto individui col carattere
dominante quanto individui col carattere recessivo. Applicando in modo
felice l'esame statistico, l'autore accertò che il numero dei primi stava
al numero dei secondo come 3:1.
Questo risultato portò all'enunciazione
della 'legge della segregazione': incrociando individui ibridi di prima
generazione si vede ricomparire in un quarto degli individui di seconda
generazione il carattere scomparso negli ibridi di prima generazione
(cioè il carattere recessivo).