E' da presumere che i molluschi marini abbiano sempre fatto parte della dieta umana: tutti i popoli che vivono presso il mare - anche i più primitivi - li raccolgono per mangiarli. In molti paesi si usa allevare i mitili, o cozze (gen.
Mytilus) nelle
acque salmastre ponendoli su ruvide funi alle quali il mollusco si attacca col bisso, mentre le ostriche (Ostrea) vengono allevate su fondali sassosi. In Giappone si allevano anche le ostriche del gen.
Pinctada per la produzione delle perle.
Poiché questi animali si nutrono per filtrazione di microorganismi vari, e specialmente di batteri, quando vengono allevati in acque inquinate possono diventare veicolo di malattie infettive: prima di essere venduti debbono essere posti pure a purgare.
Altri molluschi bivalvi che dimorano nei fondali marini sabbiosi sono oggetto di pesca molto attiva mediante reti a strascico: vongole (Venus gallina
e specie affini), cappe sante (Pecten jacobaeus), canestrelli (Spondylus), cappe lunghe (Solen
ed Ensis) giungono in abbondanza sui nostri mercati, purtroppo la loro pesca danneggia assai gravemente la fauna marina, comprese le uova di molti pesci.
I datteri di mare (Lithophaga, Pholas dactilus) venivano estratti frantumando le nicchie che si scavano entro la roccia, per essere poi cucinati;
attualmente in Italia ne è stato vietato il commercio.
Nei paesi mediterranei si fa anche grande consumo di polmonati terrestri (Helix hortensis, H. aperta e altre specie) che si possono comprare anche inscatolati: la loro raccolta è in molti luoghi opportunamente regolamentata, vi sono quindi
aziende che li allevano. Per motivi culturali certe popolazioni rifiutano di mangiarle.
Importante fonte di cibo per l'uomo sono soprattutto i cefalopodi: calamari e calamaretti, seppie, totani e polpi vengono pescati in grandi quantità; giungono surgelati sul nostro mercato sin dall'oriente asiatico.