L'attitudine dei lieviti a fermentare i liquidi zuccherini per preparare bevande inebrianti č stata sfruttata dall'uomo fin da epoca remota. Lo attesta la leggenda di Noč, l'attestano i papiri egizi che illustrano la preparazione della birra. Anche gli indiani d'America in epoca precolombiana ottenevano dal mais
una bevanda leggermene alcoolica e i Tartari facevano fermentare il lattosio contenuto nel latte di cavalla (e di mucca) per preparare il kefir.
Gli alchimisti arabi insegnarono a distillare queste bevande per ottenere le acquaviti ricche di alcool (il cui nome, appunto, vien dall'arabo). Dal vino si ottiene il brandy e dalle vinacce la grappa, da varie sorta di birra preparate con malto di orzo, di frumento, di mais si ottengono whisky, vodka, bourbon; il rum si distilla invece dalla melassa di canna da zucchero fermentata.
Le ricerche scientifiche intorno alla fermentazione furono iniziate nel 1885 per merito di Luigi Pasteur al quale si erano rivolte le industrie francesi che lamentavano fermentazioni anomale dei loro prodotti. Da quelle ricerche sono nate la moderna microbiologia, che ha felicemente rivoluzionato la medicina, ed
una tecnica di largo uso nell'industria: la pastorizzazione (o pasteurizzazione). Con questo procedimento si arrestano o si inibiscono la fermentazione e la putrefazione (*) di bevande che si desidera conservare a lungo senza alterarne il gusto: latte, succhi di frutta, vino. La pastorizzazione uccide anche molti germi patogeni che possono aver inquinato tali prodotti.
Il lievito di birra viene adoperato anche per la panificazione: la fermentazione del malto (proveniente da parziale digestione dell'amido) produce anidride carbonica che, in forma di bolle, lievita la pasta.
Talune muffe, Penicillium roqueforti e
P. camemberti trovano impiego nell'industria casearia francese per produrre pregiati formaggi 'fermentati'. Anche il gorgonzola si ottiene per inoculazione di muffe nel formaggio.
(*) con putrefazione si indica la fermentazione di composti organici