I più antichi fossili di lemuri provengono
dall’America settentrionale: si ritiene che di lì essi si siano trasferiti nel
vecchio mondo verso la fine dell'Eocene. Oggi questi animali vivono in Africa
orientale, in Madagascar e in Asia meridionale: il maggiore numero di specie è
concentrata appunto nelle foreste malgasce dove, in mancanza di predatori e
concorrenti, il gruppo ha dato origine a forme inconsuete e molto specializzate,
quasi tutte scomparse in epoca molto recente.
Le scimmie platirrine dimorano nelle grandi foreste
intertropicali dell'America. Le specie riferibili a questo sottordine hanno
seguito linee evolutive piuttosto diverse. Gli Apalidi presentano caratteri
primitivi e aberranti rispetto ai moderni primati: usano le loro unghie
conformate ad artiglio per arrampicarsi sugli alberi, dato che pollice e alluce
non opponibili non consentano loro di impugnare i rami. Tra i Pitecini si
incontrano vari generi muniti di coda prensile (Mycetes, Ateles,
Cebus e altri) capaci di compiere evoluzioni acrobatiche, agevolati dal
grande sviluppo delle braccia rispetto agli arti posteriori. Gli Ateles,
detti scimmie-ragno, procedono di solito appesi alle lunghe braccia e a loro si
addice il termine tecnico di 'brachiatori' (fig.).
Le Scimmie catarrine sono esclusive del Vecchio
Mondo. Delle quattro famiglie comprese in questo gruppo, quella dei
Cercopitecidi conserva la struttura più generalizzata, ma babbuini, mandrilli e
alcuni macachi hanno preso a vivere sul suolo e aggiungono alla dieta
vegetariana piccole prede: insetti, scorpioni, piccoli vertebrati. Nella savana
e nella boscaglia queste scimmie terragnole sono esposte a predatori e in
particolare hanno i leopardi per nemici da antica data: si difendono vivendo in
gruppi, difesi dai maschi dotati di dimensioni maggiori (fig.)
e armati di canini possenti.
I macachi sono le scimmie che si spingono più a nord
grazie alla straordinaria versatilità del loro comportamento e alla confidenza
con l'acqua. Si trovano in Giappone, Filippine, Cina meridionale, Indocina,
India e nella regione dell'Atlante in Africa, fino a Gibilterra; in tempi
storici pare che abbiano abitato alcune isole del Mediterraneo, ivi importate
dagli uomini.
I Colobini sono rimasti invece rigorosamente arboricoli e vegetariani, abitano
le foreste dell'Asia meridionale e dell'Africa centro-orientale.
La seconda famiglia dei Catarrini, quella degli Ilobatidi o gibboni, è
circoscritta alle foreste dell'Indocina e dell'Indonesia, mentre la famiglia dei
Pongidi abita tanto l'Asia quanto l'Africa: l'orang-utan (Pongo pygmaeus)
oggi sopravvive a stento in alcuni lembi delle foreste di Borneo e Sumatra, ma
in epoca protostorica, viveva anche in Malesia, Indocina e Cina meridionale.
Gorilla e scimpanzé (Pan troglodytes) vivono nelle foreste e nelle
boscaglie dell'Africa equatoriale
Ilobatidi e Pongidi un tempo venivano indicati col nome di antropomorfi (che
vuol dire 'a forma umana') poiché sono privi di coda e possono stare ritti sulle
zampe posteriori e procedere con andatura bipede. La scomparsa della coda presso
questi animali è difficile da spiegare, ma le modifiche anatomiche che
consentono loro di rizzarsi e camminare, sia pure stentatamente, sulle zampe
posteriori sono evolute in rapporto con un comportamento particolare : la
brachiazione.
La quarta famiglia dei catarrini è quella degli Ominidi assai prossima a quella
dei Pongidi.
Nei mammiferi terricoli i quattro arti sono incernierati sul cingolo pelvico e su quello scapolare in modo da compiere solo movimenti pendolari di va e vieni durante la deambulazione: presso la maggior parte di questi animali l'abduzione di braccia e gambe è consentita solo per un angolo molto ristretto e la circumduzione del braccio è impensabile. Ciò risulta vero anche per i Cercopitecidi arboricoli che usano camminare sui rami degli alberi piuttosto che appendersi
ad essi.
Negli antropomorfi (ed anche nella scimmia platirrina Ateles) l'articolazione dell'omero sul cingolo scapolare è tale da consentire una grande latitudine di movimenti. Anche l'articolazione del cingolo scapolare sul torace - che ha sezione circolare
anziché ovale e schiacciata lateralmente come avviene nei Cercopitecidi (fig) - è molto più libera. Grazie a ciò la mano può raggiungere qualunque oggetto che non sia più distante di quanto è lungo il braccio
(fig.).
L'articolazione del femore sul cingolo pelvico non acquista altrettanta libertà, ma tanto l'abduzione quanto l'estensione all'indietro divengono molto più ampie che negli altri mammiferi,
sicché l'animale non ha difficoltà a rizzarsi sulle gambe per afferrare il ramo sovrastante, e a tenere le gambe allineate al tronco
(fig.).
Altre modifiche legate alla brachiazione concernono la
mano che, nelle forme più specializzate (orango, gibbone) tende a rimanere piegata ad uncino e presenta un pollice molto ridotto.
Meno palesi le modifiche del sistema nervoso dei brachiatori che concernono lo sviluppo della corteccia cerebrale e di quella cerebellare: è tuttavia possibile notare che tanto Ateles tra i Platirrini, quanto i Pongidi e gli Ilobatidi tra i Catarrini, hanno il cervelletto più sviluppato.
Le cadute
Quando un primate brachiatore (e anche l’uomo) salta giù, o cade dall’alto, si
trova molto svantaggiato rispetto ai cercopitechi arboricoli, ed anche rispetto
agli altri mammiferi. Infatti, quando una scimmia scende lungo il tronco di un
albero procede col capo all’ingiù e infine balza a terra appoggiandosi alle
braccia e così fa anche quando cade. Simile comportamento è giustificato dal
fatto che l’atterraggio in appoggio sulle braccia viene efficacemente
ammortizzato dalla risposta elastica dei legamenti e della muscolatura
dell’avambraccio, del braccio e della spalla che non è collegata al tronco in
modo rigido. Per la stessa ragione anche molti altri animali, come il leopardo,
il cavallo, la lepre, l’antilope, dopo un balzo atterrano sempre sulle braccia.
L'atterraggio o la caduta sulle gambe (soprattutto se tenute rigide) è molto
pericolosa poiché l'urto (la decelerazione) viene trasmesso per intero alla
colonna vertebrale e lo scontro tra la sommità della colonna vertebrale e la
base cranica può essere rovinoso.
I primati che si muovono appesi per le braccia rischiano quindi di atterrare in
malo modo, e di conseguenza presso alcune specie sono evoluti ammortizzatori
pneumatici situati tra capo e tronco che proteggono la base del cranio: tanto in
Hylobates quanto nell'orang-utan
(fig.) dalla laringe si staccano due grossi sacchi gonfi d'aria che si estendono
sotto il capo e sulle spalle e in caso di caduta assorbono parte della forza
d'impatto. Certi dispositivi pneumatici, gli airbag, ideati allo scopo di
proteggere i passeggeri delle automobili in caso di collisione, sembrano proprio
ispirati a queste strutture anatomiche.
Il ritorno al suolo
La foresta pluviale sempreverde e la foresta tropicale caducifolia sono state,
per lunghissimi periodi geologici, l'ambiente proprio dei Primati. Tali
ambienti, tuttavia, come ci si sta accorgendo oggi con molto allarme, sono assai
vulnerabili e facilmente cedono il posto alla boscaglia o alla steppa. Nel
Vecchio Mondo questa drastica modificazione si è ripetuta alcune volte nel corso
del Terziario, e in tali occasioni alcune specie di Primati si sono trovate
costrette ad adattarsi ai nuovi ambienti. Nel caso dei Cercopitechi ritornati al
suolo, l'adattamento è stato più che altro comportamentale: queste scimmie
somigliano molto ai cugini rimasti sugli alberi, ma usano muoversi in branchi
ben sorvegliati dagli individui più robusti e di notte bivaccano al sicuro tra
rocce scoscese o tra i rami dei rari alberi della savana.
Anche i Pongidi africani da cui sono derivati scimpanzè e gorilla, sono tornati
a vivere al suolo. Quando ciò è avvenuto queste grosse scimmie si sono trovate
condizionate dalle modifiche anatomiche evolute in rapporto alla brachiazione:
le gambe corte e le braccia troppo lunghe non permettevano loro di camminare a
quattro piedi (così come le braccia corte e le gambe troppo lunghe non
permettono all'uomo di assumere la posizione quadrupede). La soluzione fu quella
di procedere in posizione semieretta appoggiandosi alle nocche delle mani,
andatura del tutto nuova nell'ambito dei mammiferi. Simile soluzione offriva a
questi animali il vantaggio di tenere gli occhi ad un'altezza sufficiente per
controllare al di sopra delle erbe e degli arbusti un giro d'orizzonte piuttosto
ampio. Altre modifiche somatiche subentrate in seguito sono state modeste: lo
sviluppo di tessuti protettivi sulle nocche, simili a quelli che foderano la
piante del piede dell’uomo. Le modifiche comportamentali hanno riguardato le
abitudini gregarie che si sono accentuate per la necessaria difesa dai più
grandi predatori. Del resto le dimensioni e la possente muscolatura dei gorilla
e degli scimpanzè incutono paura anche ai più grossi carnivori che si limitano a
predare animali giovani allontanatisi dal branco, ed esemplari vecchi e
malandati.
Agli ominidi il ritorno al suolo ha richiesto adattamenti diversi.