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Primati

I Primati sono mammiferi dalla struttura poco specializzata, parenti stretti degli Insettivori, tanto che varie specie fossili e alcune viventi sono di dubbia attribuzione all'uno o all'altro ordine. La loro origine rimonta al Paleocene, cioè a poco più di 60 milioni di anni fa.

I Primati riuniscono i sottordini delle Proscimmie e quello delle Scimmie o Antropoidei (Tab. ). Tra questi ultimi è compresa anche la nostra specie e per tal motivo è opportuno dedicare ad essi particolare attenzione.

 

Struttura e organizzazione fisiologica

I Primati hanno per lo più taglia media e costumi arboricoli. Le specie più piccole si riscontrano tra i Cebi del Centro e Sudamerica; le più grandi si riscontrano tra gli antropomorfi dell’Africa e dell’Asia. Sono buoni arrampicatori: mani e piedi hanno di regola unghie appiattite a forma di tegola, pollice e alluce sono opponibili alle altre dita, condizione questa che consente di impugnare i rami e di manipolare oggetti anche minuti. Le specie che  vivono al suolo, cioè terragnole (babbuini, amadriadi, alcuni macachi), sono buone camminatrici e arrampicatrici, ma poco veloci nella corsa, essendo tutte plantigrade.

Le proscimmie si nutrono di insetti e piccoli vertebrati, di frutta e foglie, mentre le scimmie propriamente dette sono di regola vegetariane. Le specie  appartenenti ai Colobini  si nutrono solo di foglie, difficili da digerire e il loro stomaco risulta notevolmente complesso, ma in generale le scimmie sono poco specializzate dal punto di vista alimentare. Ne è testimone la dentatura che conserva caratteri primitivi: gli incisivi però presentano una caratteristica cuspide larga e tagliente atta a recidere e i canini sono spesso minacciosamente sviluppati.

Come tutti i mammiferi arboricoli che non costruiscono alcun nido, la madre porta con sé aggrappato al pelo il neonato che viene alla luce dotato di buona efficienza neuro-muscolare. In correlazione a ciò i parti sono singoli, raramente gemellari, e le mammelle sono due, situate  in posizione pettorale sì che il neonato le può facilmente raggiungere stando abbracciato al ventre della madre (fig. ).

 

Storia naturale

Tutta l'evoluzione dei Primati ha avuto luogo nella fascia intertropicale ove questi animali vivono tuttora: le eccezioni riguardano, oltre che la nostra specie, solo i macachi. In quanto animali di climi caldi, i Primati non sono fisiologicamente attrezzati per resistere ai rigori di lunghi inverni, anche se molti di essi sono muniti di folta pelliccia e di coda piumosa che viene utilizzata come sciarpa. Questo adattamento è conseguenza del vivere sugli alberi che nelle notti limpide e fredde offrono pochi ripari. Questo genere di vita, d'altra parte, ha imposto, fin dalle origini, di compiere difficili acrobazie: ciò ha coinvolto lo sviluppo della vista, sempre eccellente anche con poca luce, lo sviluppo degli organi vestibolari (canali semicircolari, e utricolo) e della correlazione neuromuscolare.

I lemuri, che conservano l'organizzazione più generalizzata, tornano spesso al suolo e sono dotati di buon olfatto: marcano il proprio territorio con secrezioni odorose, e conservano il rinario umido che li informa sulla direzione da cui soffia il vento che reca ad essi l'odore di eventuali predatori (ma ne hanno pochi) e di piante che offrono cibo e protezione. Nei Tarsidi, insettivori che conducono vita crepuscolare e notturna, gli occhi sono straordinariamente sviluppati e la vista eccellente.

Le scimmie, siano esse le platirrine dell'America centro-meridionale, ovvero le catarrine del Vecchio Mondo, tendono ad abbandonare i costumi crepuscolari e rimangono vieppiù vincolate all'habitat arboricolo. Ciò ha importanti conseguenze sull'apparato sensoriale e sulla forma del capo; questo processo evolutivo ha interessato anche la nostra specie.

Gli occhi si adattano alla visione diurna grazie alla formazione di una fovea (fig.) ove si addensano i coni, cellule specializzate per la percezione dei colori, e in rapporto alla densità dei recettori l'acuità visiva e la risoluzione delle immagini diventano migliori. D'altra parte gli occhi si spostano sul piano frontale della faccia e i loro assi si fanno paralleli, e, al bisogno, convergenti (fig.); tale situazione consente un'ottima visione stereoscopica (o tridimensionale se si preferisce) e quindi una buona percezione della profondità, dote assai importante quando si deve balzare di ramo in ramo senza commettere errori che possono essere fatali.

Anche l'udito si modifica: i padiglioni auricolari si riducono e diventano immobili, cosa che rende meno sicura l'identificazione della sorgente di un rumore o di un richiamo, ma questa limitazione non ha per loro rilevanti conseguenze. Infatti ad ogni allarme l'animale reagisce arrampicandosi più in alto ove i predatori non possono raggiungerlo; quanto ai richiami, essi, conducendo vita gregaria non li ricevono di solito da lontano.

Per identici motivi si riduce l'odorato: questo senso risulta utile fintantoché il soggetto ha la possibilità di risalire o discendere lungo il gradiente di concentrazione della sostanza odorosa, per raggiungere la sorgente del richiamo, o per allontanarsi da una minaccia. Se l'animale è vincolato dalla speciale topografia dell'ambiente a muoversi in certe direzioni e non in altre, questa strategia non è più attuabile e l'organo di senso perde di valore. La fortissima riduzione della mucosa olfattiva coinvolge la riduzione delle ossa che la sostengono, i turbinati, e quindi l'arretramento delle narici. Inoltre, dato che identificare la precisa direzione donde spira il vento non ha alcun interesse, sparisce anche il rinario (o tartufo) umido deputato a quella funzione (fig.).

A questo punto la metamorfosi della faccia è quasi completa. Termina presso le scimmie con la scomparsa delle vibrisse, utili solo ad animali notturni che rischiano di urtare il muso su ostacoli imprevisti, e con la scomparsa del pelo dalla parte superiore della faccia: il viso glabro permette di convogliare da individuo a individuo i segnali mimici in modo molto più efficace (fig.).

In Occidente le grandi scimmie sono state conosciute molto tardi e spesso confuse con uomini "primitivi"

Distribuzione geografica e comportamento

 

I Ramapitecini

Tarsius, una proscimmia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Madre e piccolo bonobo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Confronto fra un lemure e una antropomorfa; si noti l'assenza del rinario nelle antropomorfe

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Babbuini ai margini della savana

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pan troglodites, gli occhi di tutti i primati sono spostati frontalmente in modo da consentire una buona visione tridimensionale

 

 

 

 

 

 

 

Orang utang

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