Tra i componenti più importanti della fauna rettiliana mesozoica sono gli Arcosauri comparsi all'inizio del Trias. Essi erano caratterizzati dal cranio munito di due finestre situate nella regione temporale (fig) , dall'avere i denti incastrati in alveoli, nonché da una forte tendenza ad acquisire la deambulazione bipede.
Questo gruppo che comprendeva forme alquanto eterogenee, ma imparentate fra loro secondo lo schema di
fig., dette origine ad alcuni ordini molto singolari. Gli
Pterosauri erano rettili volanti alquanto simili a Pipistrelli, con apertura alare variante da quindici
centimetri a dodici metri; i Fitosauri somigliavano a coccodrilli con le narici però situate tra gli occhi; i
Dinosauri erano animali di media o grossissima mole ad alimentazione vegetariana o carnivora; i
Mosasauri erano simili a grandi lucertole acquatiche. Alcuni Arcosauri erano provvisti di penne, o ricoperti di piume (1), ma i veri uccelli compariranno nel Giurese, essi saranno presto in grado di volare meglio degli Pterosauri loro concorrenti, e si
potranno muovere in acqua o al suolo, cosa che questi potevano fare a stento.
I Dinosauri, diversamente da altri
rettili - le lucertole e i coccodrilli ad esempio - non hanno più gli arti
situati di lato, bensì al disotto del corpo; in tal modo le zampe danno sostegno
alla mole corporea staccandola dal substrato e, nel camminare, la spingono verso
l'avanti anziché di lato.
Questo tipo di deambulazione ha richiesto un nuovo modo di articolarsi del femore sul cingolo pelvico (fig.)
nonché
un più efficiente inserimento dei muscoli che azionano il femore.
Le strutture si sono evolute seguendo due direttrici diverse, con
conseguente realizzazione di due nuovi tipi di architettura del bacino, entrambi
meccanicamente soddisfacenti , ciascuno dei quali caratterizza un sottordine dei Dinosauri, i Saurischi e gli Ornitischi (fig. Bacino dei saurischi (a sinistra) ed ornitischi
a destra e loro evoluzione nei rettili attuali e negli uccelli).
E' quasi superfluo dire che, senza queste innovazioni nella forma dello scheletro e del modo di camminare, mai i Dinosauri avrebbero potuto raggiungere le dimensioni enormi note per tante specie: non avrebbero certamente potuto strisciare come le lucertole o le serpi col ventre per terra. Il
Diplodoco (fig) era lungo 25 metri e pesava fino a 50 tonnellate, cioè quanto dieci elefanti adulti, e il Tyrannosaurus rex
era lungo fino a 15 metri e alto 6, quanto una
giraffa, ma assai più massiccio.
Va aggiunto che presso i Dinosauri di regola è stata acquisita la deambulazione bipede e che gli arti anteriori si sono ridotti. Solo le specie erbivore più massicce camminavano a quattro zampe; ma sembra proprio che anche esse siano derivate da forme bipedi avendo il treno posteriore ben più robusto di quello anteriore.
Non bisogna però credere che tutti i Dinosauri fossero enormi: vi erano specie non più grandi di un tacchino e molto agili, le quali presentano grande interesse per i loro costumi e per la loro parentela con gli uccelli.
L'aumento della massa corporea e la regolazione termica
L'aumento delle dimensioni corporee crea problemi agli organismi viventi poiché, mentre la massa cresce secondo il cubo delle dimensioni lineari, altri parametri crescono secondo potenze diverse, generando così squilibri funzionali.
Lo squilibrio, nel caso dei grossi Dinosauri, si è fatto sentire senza dubbio nel rapporto tra la massa e la superficie del corpo, sede questa degli scambi termici. Per un animale terrestre di grosse dimensioni, infatti, talora impegnato a svolgere un'intensa attività
muscolare, il problema di eliminare il troppo calore che si genera al suo interno esige una soluzione efficiente, tanto più che esso rischia di rimanere esposto a lungo ai raggi del sole, dato che il suo ingombro non gli permette di trovar riparo in una tana o all'ombra di un sasso o di una pianta.
Si conoscono due soluzioni alternative adottate dai vertebrati terrestri, oltre all'irraggiamento termico verso l'esterno (che non sempre funziona) per eliminare il calore in eccesso: primo, evaporare acqua alla superficie del corpo e delle fauci; secondo, evaporare acqua dai polmoni e strutture annesse. La prima soluzione è stata adottata dagli antenati dei Mammiferi la cui pelle era fornita di molte
ghiandole diverse. La seconda soluzione è stata adottata da alcuni
Rettili e in particolare dagli Uccelli loro discendenti, questi animali hanno infatti pelle impermeabile priva di ghiandole o quasi.
Per meglio intendere questo tipo di regolazione conviene prendere in considerazione il caso piuttosto semplice del camaleonte.
Il camaleonte vive tra i magri cespugli delle assolate distese tropicali nutrendosi degli insetti che vi si posano. Date queste condizioni di vita, il camaleonte si trova esposto a temperature più alte di quelle fisiologicamente tollerabili: rimedia evaporando dai polmoni e soprattutto dai loro ampi diverticoli, l'acqua derivante dal cibo che riesce a procurarsi. Altro vantaggio offerto dai diverticoli polmonari del camaleonte è quello di potersi gonfiare
quando si sente minacciato, rendendosi così temibile all'occhio del predatore, ma questo è un fatto incidentale.
Ventilazione polmonare e termoregolazione presso gli uccelli
Un canarino, o un usignolo, può cantare molto a lungo, malgrado la piccolissima mole, senza apparentemente dover riprendere fiato e senza aver problemi di iperventilazione polmonare, senza soffrire cioè di quegli inconvenienti, capogiri e malessere, di cui soffriamo quando ci sforziamo di gonfiare in fretta col fiato un materassino pneumatico.
Ma non è questa la sola
prestazione sorprendente degli uccelli. Gru, cigni ed oche, ed altri uccelli
muniti di adeguata portanza alare, sono in grado di volare tra i 5000 e gli 8000
metri di quota erogando il massimo della potenza muscolare là dove qualunque
mammifero boccheggia respirando a fatica, o addirittura muore, a causa della
scarsità di ossigeno.
Il segreto di queste singolari prestazioni risiede nella presenza di polmoni molto piccoli, coadiuvati però da grandi sacchi polmonari che riempiono tutti gli spazi liberi del torace e dell'addome, penetrando persino all'interno delle grandi ossa delle ali, e talvolta persino in quelli delle zampe e nelle vertebre. Quando l'animale inspira l'aria, questa corre attraverso trachea e mesobronco e va a riempire i sacchi polmonari (fig.
); di lì, a seconda del bisogno, attraverserà i polmoni. Questi hanno struttura
tubolare, non sono sacchi a fondo cieco come nei mammiferi: l'aria carica di
ossigeno fluisce verso l'avanti, il sangue povero di ossigeno fluisce in senso
contrario lungo i rami terminali dell'arteria polmonare e i capillari; avviene
così uno scambio controcorrente di ossigeno con rendimento prossimo al 100%, di
gran lunga superiore al rendimento della ventilazione polmonare, dei mammiferi
che, solo nei migliori dei casi, si avvicina al 65%.
Simile costituzione anatomica previene, attraverso la regolazione del flusso sanguigno nel polmone, gli inconvenienti derivanti da un eccessivo impoverimento in
CO
2 e dalla conseguente alcalinizzazione del sangue allorché l'uccello inspira aria in eccesso per cantare, o per evaporare acqua dovendo refrigerare il corpo, e i muscoli soprattutto l'andamento circolare della respirazione
(trachea ® sacchi polmonari polmone
® trachea) limita
anche gli inconvenienti che nascono quando si accrescono gli spazi morti
dell'albero respiratorio, cosa che avviene quando la trachea è molto lunga, o
quando un uomo respira attraverso un lungo tubo: una forte quota dell'aria
inspirata va avanti e indietro per gli spazi morti senza venir ricambiata.
La presunzione che i dinosauri avessero una ventilazione
polmonare del tipo di quella degli uccelli è molto grande, tanto da diventare
una certezza. Non si spiega altrimenti come potesse avvenire lo smaltimento del
calore in eccesso, né si spiega come mai questi animali si potessero permettere
coane e trachee assai lunghe senza diventar per questo terribilmente asmatici. E
per finire va aggiunto che i paleontologi hanno constatato che molti dinosauri
avevano ossa pneumatiche, occupate cioè da sacchi aerei, esattamente
corrispondenti a quelle degli uccelli.
La possibilità di refrigerare gli organi interni e i muscoli in modo diretto e ben controllato attraverso l'evaporazione d'acqua dai sacchi polmonari rappresentava un vantaggio molto grande per i Dinosauri, che però avevano difficoltà a limitare la perdita di calore, dato che erano privi di un involucro coibente. Nei climi in cui vivevano ciò rappresentava un inconveniente minore, anche
perché il rapporto massa/superficie era di solito a svantaggio della
superficie e quindi dell'irraggiamento termico.
L'intestino di dinosauri e uccelli
Si dice che George Cuvier (1769-1832), grande naturalista francese, sostenesse che era possibile ricostruire l'aspetto di un animale mediante lo studio accurato di un solo osso o di un dente. Cuvier era troppo bravo paleontologo per aver sostenuto seriamente ciò, e ben sapeva che per ricostruire l'anatomia della muscolatura occorre l'esame minuzioso dello scheletro insieme ad attente considerazioni comparative e funzionali, per ricostruire
l'anatomia delle parti molli. Nel caso dei Dinosauri, ad esempio, lo studio comparativo della dentatura e delle mascelle non dà informazioni sicure sul modo di nutrirsi delle specie erbivore di grossa taglia. Per quanto riguarda l'alimentazione il paragone con gli elefanti risulta istruttivo: un elefante per alimentare le sue cinque tonnellate di carne e ossa impiega 7-8 ore al giorno a strappare e ingoiare le erbe e le fronde di cui si nutre e per masticare questo materiale
coriaceo dispone di molari molto grandi e mascelle robuste. A un enorme Camarasauro (fig.) dal capo ridicolmente piccolo e dalla dentatura debole non sarebbero bastate ventiquattro ore al giorno per strappare e masticare il cibo occorrente ad alimentare le sue venti tonnellate di carne e ossa se avesse usato mascelle e denti come l'elefante. In realtà il Camarasauro, così come gli altri dinosauri erbivori, faceva poco affidamento sulla masticazione, ma piuttosto sul
suo 'stomaco di struzzo'.
Lo stomaco dello struzzo è proverbiale: quest'uccello
ingoia volentieri non solo sassi ma anche oggetti metallici. Non li ingoia però
per digerirli, bensì allo scopo di agevolare la triturazione del cibo entro il
robusto ventriglio
che funziona all'incirca come un mulino a palle.
L'attrito macina finemente il cibo, ma usura anche i ciottoli stessi, sicché lo struzzo di tempo in tempo deve sostituirli ingoiandone altri: altrettanto fanno i polli e molti altri uccelli granivori, e così facevano anche i Dinosauri: entro le loro carcasse i paleontologi
hanno più volte rinvenuto grossi ciottoli arrotondati dall'attrito - le gastroliti (fig)- la cui grandezza, naturalmente, è proporzionata alle dimensioni del rettile.
Struttura del
cuore dei dinosauri
Nei dinosauri più grandi e muniti di lungo collo, il capo distava dal cuore 5-8 metri. Quando l'animale sollevava la testa per strappare le alte fronde di un albero, o per guardare lontano, la colonna di sangue che attraverso i vasi congiunge il capo al cuore veniva a gravare su quest'ultimo con una pressione di 380-600 mbar. Si tratta di una pressione enorme alla quale il cuore non deve solo resistere passivamente: esso deve contrastarla durante la sistole per
spingere in su il sangue e irrorare adeguatamente il cervello.
Non è impossibile immaginare un cuore più grosso di una botte capace di simili prestazioni, è però inammissibile che una eguale pressione sanguigna vigesse anche nella piccola circolazione che irrora i polmoni: i vasi e i tessuti coinvolti negli scambi gassosi, necessariamente delicati, non avrebbero resistito. Si deve quindi concludere che nei Dinosauri il 'piccolo circolo' polmonare fosse del tutto separato dal 'grande circolo' che irrora il resto del corpo. Di
conseguenza si deve anche concludere - cosa forse più interessante - che il ventricolo destro e quello sinistro fossero completamente separati proprio allo stesso modo che negli uccelli, e diversamente da quanto avviene negli Anfibi e negli altri Rettili, Coccodrillo eccettuato.
La riproduzione
Si sa che i Dinosauri deponevano entro i loro nidi uova relativamente piccole rispetto alla massa corporea, ma numerose. Non pare che queste uova, almeno nella generalità dei casi, venissero covate: la loro incubazione veniva affidata al calore solare.
Questo sistema, che funziona bene per i piccoli rettili attuali che nascondono le loro uova nei crepacci o sotto il fogliame caduto a terra, rappresentava un punto debole della biologia dei grossi Dinosauri poiché le loro grandi uova e i loro neonati facevano gola sia ai primi
Mammiferi, sia agli stessi Dinosauri carnivori. Un esemplare, colto da una tempesta di sabbia mentre saccheggiava un nido di Ceratopsidi, è stato disseppellito ottanta milioni di anni dopo dai paleontologi che gli hanno dato il nome di Oviraptor, che vuol dire appunto : ladro di uova.
C'è chi ha attribuito a questa metodica distruzione di uova il declino e l'estinzione di questi grandi Rettili, ma non pare probabile che sia stata questa la
causa determinante. Sembra infatti, in base a certi reperti paleontologici, che i Dinosauri proteggessero i nidi e i neonati appena schiusi dal guscio, come fanno del resto i Coccodrilli e gli Uccelli
(fig).
* Riproduzioni di alcuni Dinosauri si trovano al sito: http://216.109.134.124/art.html