Nel phylum dei
Platelminti sono compresi sia animali di semplicissima struttura, sia animali muniti di organi complessi, che si sono adattati a vivere, alcuni nel mare, altri nelle acque interne, altri
sulla terraferma, altri ancora da parassiti.
La storia evolutiva dei Platelminti, vermi poco attraenti, costituisce un capitolo esemplare della zoologia; a ricostruirla ha contribuito non solo l'esame comparativo delle forme e delle funzioni messe in rapporto con le condizioni
dell'ambiente, ma anche lo studio comparativo a livello submicroscopico delle strutture cellulari.
Ambiente
Mentre
Spugne, Celenterati e Ctenofori sono tutti abitatori delle acque marine, e solo pochissime loro specie si sono spinte occasionalmente nelle acque dolci interne, i Platelminti hanno da sempre vissuto ai confini tra le acque interne ed il
mare, nell'ambiente instabile delle lagune costiere con acque salmastre.
In queste acque la composizione chimica e le caratteristiche fisico-chimiche cambiano di continuo. La concentrazione dei sali varia con l'evaporazione, ma anche ad ogni flusso di marea che porta dentro acqua marina e ad ogni acquazzone che
diluisce il tutto. La temperatura del sottile strato d'acqua subisce escursioni molto forti. Il tenore in ossigeno varia poiché la turbolenza ne facilita la soluzione, mentre il riscaldamento agisce in senso inverso. I gas disciolti cambiano anche a seconda dell'attività fotosintetica e della respirazione degli organismi che la popolano: i microorganismi decomponendo per via anaerobia molto materiale organico producono grandi quantità di composti organici inconsueti,
spesso tossici.
Oltretutto le lagune possono interrarsi o prosciugarsi o essere riconquistate dal mare, in nessun caso persistono a lungo. Unico fattore positivo per gli organismi che le abitano è l'abbondanza di nutrimento.
Simile situazione esige dagli animali che vi dimorano buona capacità di regolare il contenuto in acqua dell'organismo, nonché la protezione dei gameti, cellule molto vulnerabili a causa della loro piccolezza.
Il corpo è fortemente appiattito in senso dorso ventrale e trova sostegno nel mesenchima; la mobilità è assicurata dalla muscolatura e dall'epitelio ventrale ciliato. l'intestino, quando è presente, presenta una sola apertura (fig.).
Entro il parenchima formato dal foglietto medio della gastula, sono presenti gli organi escretori, costituiti da pronefridi e i complessi organi riproduttori. Anche le cellule nervose, derivate dal foglietto esterno, formano masse gangliari più o meno complesse. I Turbellari sono ermafroditi, di solito incapaci di
autofecondazione, cioè ermafroditi 'insufficienti'. Hanno una elevatissima capacità di rigenerazione e molte specie, in rapporto a ciò, sono in grado di riprodursi per scissione del corpo.
L'evoluzione dei Turbellari, iniziata nel mare, è proseguita nelle acque dolci e salmastre grazie alla comparsa di altre innovazioni riguardanti l'apparato riproduttore femminile e la protezione degli embrioni: nel superordine dei Lecitofori
l'uovo fecondato viene fornito di materiale di riserva da parte di una ghiandola, il vitellogeno, esso viene poi rinchiuso in una capsula poco permeabile entro la quale si svolge, ben protetta, la prima parte dello sviluppo. In rapporto a ciò l'apparato femminile raggiunge il massimo della complessità (fig.).
L'intestino nella maggior parte delle specie è munito di una lunga faringe estroflettibile situata ventralmente al centro del corpo.
I Lecitofori sono divisi in cinque ordini. Tre di questi vivono per lo più in acque dolci o salmastre, poche le specie marine e quelle parassite: hanno piccole dimensioni con intestino ramificato.
L'ordine dei Seriati, comprende i Tricladi, così detti perché il loro intestino forma tre rami (ciascuno dei quali può essere ramificato).
Si tratta di animali predatori lunghi per lo più 1-2 cm, ma anche 10-15 centimetri nelle forme terrestri. L'accrescimento delle dimensioni, come in altri platelminti che strisciano sul ventre munito di epitelio vibratile, implica l'appiattimento
del corpo: per tale motivo essi vengono anche chiamati Planarie.
I Tricladi, rari nel mare sono comuni nelle acque interne; nei paesi a clima caldo e umido sono frequenti anche nel terriccio.
Dei vari ordini dei Turbellari delle acque interne sono interessanti i Temnocefali che hanno costumi particolari: vivono attaccati mediante una ventosa ad animali diversi che
abitano le acque dolci, e in rapporto a simile vita hanno l'epidermide nuda di ciglia (fig.). Alcuni Temnocefali sono semplici commensali dell'animale al quale aderiscono e si nutrono dei residui del loro pasto, altri però vivono a spese di esso succhiandone i fluidi, diventano cioè parassiti.
I Temnocefali presentano molto interesse poiché somigliano sia per l'organizzazione interna, sia per l'organizzazione esterna e per il modo di vita alla seconda classe dei Platelminti, quella dei Trematodi, che sembra proprio derivata da essi (Tab.
).
La classe dei Trematodi riunisce un gran numero di specie tutte specializzate per la vita parassitaria. I Trematodi sono muniti di una bocca situata all'estremo anteriore e di intestino bifido;
possiedono ventose per aderire alla vittima; il loro apparato riproduttore, quasi sempre ermafrodita, è composto dalle medesime parti che si osservano nei turbellari più evoluti. I Trematodi comprendono due sottoclassi.
I Monogenei sono parassiti esterni di vertebrati acquatici, per lo più pesci, ai quali aderiscono mediante una o più ventose munite di spine e si nutrono succhiando il
sangue dell'ospite. Alcune specie di monogenei alloggiano invece nella cloaca o nella vescica della vittima.
Le uova sono insolitamente grandi per un parassita, da esse schiude una larva ciliata, già munita di organi adesivi, che si può attaccare allo stesso animale sfruttato dai genitori, oppure cerca
altrove l'occasione opportuna.
La riproduzione dei Monogenei presenta alcune curiosità: Gyrodactylus e specie affini sono vivipari
e partoriscono un animale quasi adulto che racchiude nel suo interno un embrione della generazione successiva (fig.). Più curiosa, forse, la situazione di Diplozoon paradoxum (fig) quando due larve di questa specie si incontrano sulle branchie di un pesce d'acqua dolce, la brema (Abramis brama), si
attorcigliano al centro del corpo, dopodiché i loro tessuti si fondono ed essi crescono rimanendo uniti per sempre. Tale sistema garantisce la fecondazione incrociata.
I Trematodi Digenei non sono molto diversi dai Monogenei e nemmeno dai Turbellari più evoluti. Sono appiattiti; il loro intestino bifido,
si apre al centro di una ventosa ed un'altra ventosa è situata un po' più sotto, le due ventose garantiscono l'adesione del parassita all'ospite.
L'apparato riproduttore femminile è complesso: all'ovario è associata una spermateca che contiene gli spermatozoi ricevuti durante l'accoppiamento; le uova e gli spermi procedono quindi verso un ootipo,
sorta di sala di montaggio dove giunge anche il secreto delle ghiandole vitellogene; il tutto - uova, vitello, spermi - viene incluso entro una minuscola ooteca prodotta dalle 'ghiandole del guscio'. Le ooteche vengono quindi immagazzinate in gran numero entro una porzione delle vie genitali, l'utero, e all'interno di ciascuna di esse si sviluppa una minuscola larva ciliata.
Il dispositivo è efficiente e ogni verme emette numerosissime uova che vengono disseminate nell'ambiente con gli escreti dell'ospite: a seconda della sede del parassita esse fuoriescono con le feci, con l'urina, con il catarro polmonare.
L'altissimo numero di uova garantisce la dispersione di questi vermi negli ospiti 'intermedi'.
Nei Trematodi Digenei è molto complicato anche il ciclo riproduttivo (fig.) .
La larva ciliata che schiude dall'ooteca (è detta miracidio )
si insinua dentro un mollusco acquatico ove si accresce e si trasforma in
un'altro tipo di larva (la sporocisti ) che, per via asessuata, produce nel proprio interno molte larve di un terzo tipo (le redie ). Col medesimo procedimento le larve del terzo tipo producono molte larve di un quarto tipo (le cercarie).
Le cercarie abbandonano il mollusco e quindi seguono un comportamento correlato ai costumi del vertebrato che devono raggiungere. Quelle di alcuni mammiferi erbivori si incistano sulle erbe che crescono presso i comuni luoghi di abbeverata;
quelle dei grandi felini si incistano sul carapace di granchi che questi carnivori non sdegnano di mangiare; nel caso dei Trematodi che vivono nell'apparato circolatorio di bovini e dell'uomo le cercarie penetrano invece nell'ospite definitivo attraversandone la pelle quando questo diguazza nel fango o nell'acqua.
Tutte queste notizie, raccolte con molto impegno dai naturalisti e dai parassitologi in duecento anni di ricerche, sono molto utili perché consentono di prevenire l'infestazione dell'uomo, degli animali domestici e anche di quelli selvatici da
parte di questi parassiti.
I Trematodi più pericolosi per l'uomo sono quelli del genere Schistosoma che si stima colpiscano circa 250 milioni di persone (un ventesimo dell'intera popolazione umana),
soprattutto i contadini che lavorano nelle risaie, provocando una malattia invalidante: la bilharziosi o schistosomiasi.
La classe dei Cestodi è caratterizzata dalla radicale semplificazione dell'adulto che è sempre privo di intestino, ed ha organi della locomozione, organi di senso e sistema nervoso ridotti.
Questi parassiti sono muniti di organi adesivi (ventose e uncini) ed hanno, ad eccezione dei Cestodari, il corpo suddiviso in proglottidi, cioè in segmenti che contengono l'intero apparato riproduttore ermafrodita dell'animale (fig.).
Tutti i Cestodi
adulti sono sempre e solo parassiti dell'intestino dei Vertebrati, dai pesci ai
mammiferi. La larva infestante vive invece a spese di un ospite intermedio che
può essere un invertebrato o un vertebrato e fa comunque parte della dieta
normale o occasionale dell'ospite definitivo (la pecora del lupo, il coniglio
del cane, il suino dell'uomo)Un tipico rappresentante di questa classe è la
Tenia.
Il metabolismo di questi parassiti intestinali è anaerobio, condizione che implica un forte spreco energetico e l'eliminazione di prodotti terminali che possono essere tossici per l'ospite.
L'origine di questa classe è databile alla comparsa dei pesci cartilaginei, ma è lecito presumere che ancor prima di divenire parassiti i Cestodi fossero adattati alla vita in ambiente asfittico e si alimentassero a spese di batteri fagocitati
attraverso i tegumenti. Identica attitudine si osserva, infatti presso alcuni Anellidi e presso i Pogonofori privi anch'essi di intestino. Tale tipo di vita avrebbe favorito il passaggio dei Cestodi alla vita parassitaria nell'intestino dei vertebrati, che offriva condizioni simili a quelli dell'ambiente di provenienza, ma una stabilità molto maggiore.
La riproduzione dei Cestodi segue la strategia tipica di tanti parassiti intestinali: l'adulto produce uno sterminato numero di uova che l'ospite dissemina con le proprie feci. Le larve che schiudono da queste uova vengono ingerite da un animale,
entro il quale si accrescono e trasformano, attendendo che il loro ospite intermedio venga mangiato da quello definitivo per divenire adulto e riaprire il ciclo.