Questo tipo di foresta ha subìto profonde trasformazioni ad opera dell'uomo. Ne incominceremo la descrizione immaginandola com'era cinquemila anni fa, e poi vedremo come si presenta oggi.
La temperatura media annua varia da circa 10°C a 18°C e le precipitazioni annue variano da 750 a 1500 mm (foresta caducifoglia) possono scendere però fino a 300 mm
nel distretto mediterraneo e in alcuni altri luoghi simili ove la lunga estate è molto asciutta (foresta sclerofilla, cioè a foglie coriacee). Il suolo di solito è profondo, ricco in humus, soprattutto nella foresta caducifoglia ove si accumula abbondante lettiera. La produttività annua
(PPA) è alta (Tab.).
Diversamente da quanto accade per la tundra e la taiga, la foresta temperata è molto ricca in specie arboree e la composizione varia molto a seconda che ci troviamo in Europa centrale, in Cina o in Nordamerica orientale. Nella foresta
caducifoglia dominano comunque gli alberi dell'ordine delle Fagali, cioè querce, castagni, faggi, carpini; le erbe e gli arbusti del sottobosco appartengono invece per lo più alle Rosali: rose, lamponi, more, fragole, eccetera.
Nella foresta sclerofilla di tipo mediterraneo troviamo ancora alcune specie di querce, come il leccio e la sughera, ma compaiono specie appartenenti ad altri ordini (tab):
olivo, ligustro (Ligustrali), alloro, magnolie (Magnoliali), pistacchio, lentisco (Terebintali), mirto, melograno, eucalipti (Mirtali); tutte queste specie sono accomunate dall'avere foglie dalla cuticola molto spessa, coriacee, che vengono sostituite gradatamente e sono cariche di essenze che le rendono gradevoli all'olfatto ma quasi indigeribili. Da notare che in questo ambiente piuttosto arido riappaiono le conifere che spesso diventano dominanti: pini, ginepri, cipressi,
sequoie e parasequoie (queste ultime in California).
Nella foresta temperata molti alberi ed arbusti producono frutti eduli, cioè mangerecci, come ghiande, castagne, olive, e di conseguenza molto numerosi sono i mammiferi che se ne cibano:
cinghiali, scoiattoli, macachi (questi ultimi solo nell'Atlante, in Giappone, in Cina), orsi, nonché una miriade di piccoli roditori. Altri mammiferi di grossa e piccola taglia si nutrono a spese del sottobosco o nelle radure: cervi, daini, lepri, conigli. Degli uccelli sarebbe lungo dire. Naturalmente non mancano i predatori: ubiquitari lupo, volpe e lince, ma dalla penisola Anatolica fino al Pakistan si trovano il leopardo e la tigre che ricompaiono nella Manciuria e nella
Siberia sud-orientale. Tra i piccoli predatori vanno ricordati infine i mustelidi: tasso, faina, lontra e puzzola.
Da notare infine che nella foresta temperata abbondano rettili e anfibi che nella taiga sono quasi assenti.
Dalla foresta temperata l'uomo ha tratto alcuni animali domestici: i bovini, il maiale, il coniglio.
Il quadro qui delineato ha iniziato a modificarsi quando nel Neolitico l'uomo ha preso a dedicarsi alla pastorizia: le pecore, e soprattutto le capre, prediligono brucare i giovani alberelli e così
facendo hanno inibito in molti luoghi il rinnovarsi del bosco: dopo millenni di superpascolamento le alte terre dell'Iran, del Pakistan, dell'Armenia, dell'Anatolia, della Grecia, dell'Italia meridionale e del Nord Africa, sono state degradate in steppe poco produttive. L'erosione da parte delle acque non più frenate dalla vegetazione, e anche il fuoco, hanno completato la desolazione.
Circa seimila anni fa, verso la fine del Neolitico, quando l'uomo si è più attivamente dedicato all'agricoltura, altre vaste porzioni di bosco sono state distrutte per far posto alla coltivazione
dei cereali, o sono state profondamente modificate per privilegiare gli alberi fruttiferi che sono stati trasportati lontano dai luoghi d'origine: castagni, olivi, fichi, melograni, e poi peschi, ciliegi, albicocchi.
La foresta temperata è stata ulteriormente decimata in epoca classica a causa dell'incremento della popolazione umana. Circoscrivendo l'attenzione al nostro paese, si può specificare che, fin dall'antichità, moltissimi alberi sono stati
bruciati nelle fornaci di laterizi e di calcare mentre altri sono stati distrutti per motivi militari: assoggettare genti che dimorano in terreno boscoso è più difficile dell'assoggettare genti che dimorano in zone scoperte. La densa foresta che copriva l'intera Val padana e le falde degli Appennini e delle Alpi è stata abbattuta quando quelle terre sono state assegnate ai veterani delle legioni romane: di conseguenza è cambiato il regime degli affluenti del Po e del Po
stesso con conseguente grave erosione e dissesto dei pendii montani. Il delta padano si è esteso nell'Adriatico settentrionale di circa due chilometri a secolo formando isolotti e lagune; altrettanto è accaduto per il Piave, il Reno, l'Arno, il Tevere.
Tre secoli fa lo sviluppo della siderurgia ha accresciuto la richiesta di legname, frenata tuttavia dagli stati che gestivano cantieri navali, i quali reclamavano l'utilizzo razionale delle ultime foreste il cui legname serviva per approntare i
bastimenti a vela. A metà Ottocento, quando si è incominciato a costruire scafi metallici e lo sviluppo delle ferrovie ha richiesto milioni di traversine di ottimo legno, ogni controllo è venuto meno, e le ultime grandi foreste di querce della Balcania e della Sardegna, mai prima toccate dall'uomo, sono state abbattute e il terreno diboscato è stato ridotto a pascoli e a pietraie.
Una battuta d'arresto c'è stata quando sono stati costruiti gli invasi per alimentare le centrali idroelettriche: le industrie hanno reclamato la buona gestione dei boschi e del suolo per evitare il troppo rapido interramento dei bacini
artificiali.
Oggi la situazione migliora alquanto, nonostante gli incendi, per il largo impiego di gas naturale e di petrolio in luogo di legno e di carbone vegetale, impiego che ha però la sua contropartita nell'inquinamento. Rimangono tuttavia le vecchie
cicatrici: molte catastrofi 'naturali', alluvioni, crolli, frane, non sono affatto naturali, bensì il risultato di una pessima gestione del territorio effettuata in tempi remoti o recenti.
Si può concludere dicendo che dell'originaria foresta temperata oggi sopravvive poco più di un decimo, il resto è trasformato in coltivazioni, città, strade, stabilimenti.