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Gimnosperme

Le Gimnosperme vivono un po' dovunque, pur preferendo i luoghi aridi: il ginepro cresce sulle dune retrostanti le spiagge marine assieme al pino marittimo e al pinastro, mentre i cipressi e i pini domestici caratterizzano il paesaggio delle nostre colline. In montagna si stendono vasti boschi di abete rosso (le peccete), di abete bianco, di pino cembro, di larice ed infine, oltre ai limiti della vegetazione arborea, si spinge, strisciando, il pino mugo.

Molte Gimnosperme sono state importate da paesi lontani: la Ginkgo biloba (fig.) ombreggia i viali cittadini, mentre altre abbelliscono parchi e giardini: le cicadee che rassomigliano a piccole palme (fig.), le strane araucarie dalle ramificazioni geometriche, i cedri maestosi.

 Sono piante arboree, talvolta arbustive, che si riconoscono per le foglie aghiformi (ma la Ginkgo e le cicadee fanno eccezione), per le caratteristiche pigne (ma nei ginepri (fig) e nel tasso sono modificate), per l'odore balsamico della resina che ne impregna le cortecce, il tronco e la chioma.

 

Storia naturale delle Gimnosperme

Le Gimnosperme sono comparse verso la metà del Devoniano. Hanno preso origine da forme vicine alle Pteridofite ed insieme a queste hanno prosperato durante il periodo Carbonifero e il Permiano. Crescevano intorno e dentro le lagune e le paludi formando grandi foreste. Le vecchie piante crollavano nell'acqua, ma la massa del legno non veniva attaccato sia per la sua consistenza, sia perché impregnato di resine, sia perché gli enzimi per digerire cellulosa e lignina sono eccezionali presso gli animali e i microorganismi. Col trascorrere del tempo l'ammasso di tronchi è stato quindi ricoperto da materiale alluvionale trasformandosi a poco a poco in giacimenti di carbone. Di pari passo l'atmosfera si arricchiva in ossigeno. 

Durante il Carbonifero,le Gimnosperme, assieme ad alcune Pteridofite hanno incominciato a popolare la terraferma: la loro avanzata ha lentamente trasformato in boschi le aride pietraie che sovrastavano le lagune. Sul terreno si depositavano detriti vegetali che ospitavano funghi, batteri e alghe azzurre; queste ultime organicavano l'azoto dell'aria rendendolo assimilabile alle piante mentre gli altri microorganismi trasformavano il materiale organico delle foglie in decomposizione ('lettiera') in humus: nasceva così un nuovo tipo di suolo che tratteneva l'umidità offrendo condizioni favorevoli per la germinazione delle spore e dei semi e per lo sviluppo delle giovani piante. L'humus dava ospitalità a vari animali, Nematodi, Anellidi, Artropodi e rendeva anche possibile la vita ai primi animali veramente terrestri: Insetti, Aracnidi, Rettili.  

 

Le Gimnosperme, piante xerofile

Le Gimnosperme vivono sempre molti anni: Pinus longaeva e Sequoia sempervirens superano i duemila anni di età.

Il successo delle Gimnosperme come piante terrestri è legata al fatto che esse sono ben equipaggiate contro la siccità, sono cioè 'xerofile'. Il sughero protegge il tronco, mentre le foglie aghiformi disperdono poca acqua. Oltre a una protezione passiva contro la disidratazione, le Gimnosperme dispongono di un dispositivo di regolazione del flusso d'acqua del terreno verso la chioma e quindi verso l'esterno. Questo dispositivo si avvale di due strutture: primo, l'endoderma, fascia impermeabile situata sotto l'epidermide della radice stessa che viene attraversata dall'acqua e dai soluti solo attraverso varchi speciali; secondo, gli stomi, muniti di cellule di guardia.

Il controllo sul flusso d'acqua segue il seguente schema: quando la dispersione di acqua a livello della chioma dell'albero supera l'afflusso di acqua dalle radici, allora le cellule di guardia perdono il loro turgore, si afflosciano chiudendo del tutto o in parte l'apertura dello stoma; si riduce così il flusso d'acqua. Simile meccanismo di controllo, che troviamo eguale presso le felci, è efficiente ma ancora imperfetto; nelle Angiosperme esso si raffina.

 

Coni e semi

Le conifere producono coni maschili e coni femminili, formati entrambi da foglie carpellari disposte a spirale o ad elica le quali portano presso l'ascella, rispettivamente, i microsporangi e i macrosporangi: i primi producono i gametofiti, o granuli pollinici (fig.) le secondo i gametofiti od ovuli (fig)

Nella stagione adatta, i coni maschili lasciano fuoruscire i granuli di polline (fig) leggeri e ben impermeabilizzati da un involucro di esina. Quando un granulo di polline arriva portato dal vento su di una giovane pigna femminile, e cade nella camera che sovrasta l'archegonio, esso produce un tubicino detto budello pollinico o tubulo pollinico che porta all'apice il nucleo addetto alla riproduzione. Il budello pollinico allungandosi porta il nucleo o a diretto contatto con l'ovocellula che viene così fecondata (nelle Ginkgoine e nelle Cicadee il nucleo o si circonda di citoplasma e si libera come gamete mobile multiflagellato).

A fecondazione avvenuta le foglie carpellari si serrano le une a ridosso delle altre, si ingrossano e induriscono riparando gli zigoti. Gli zigoti nutriti dai tessuti dello sporofito attraverso l'ovulo si sviluppano in embrioni e successivamente in semi protetti da tegumenti derivati anch'essi dall'ovulo.

Dopo un anno o più, quando già compaiono le pigne di nuova generazione, le pigne mature si aprono lasciando liberi i semi i quali cadono al suolo o vengono portati via dal vento. Questi semi non sono circondati da un frutto, quindi restano ignudi, di qui è derivato il nome del subphylum, tuttavia nel ginepro (fig.)le foglie carpellari si trasformano in qualcosa che somiglia a un frutto mentre nel tasso comune si forma un rivestimento carnoso rosso violaceo a spese di foglie modificate.

 

Impollinazione

Presso le felci la produzione di spore leggerissime provvede alla dispersione degli individui di ciascuna specie, ma assicura solo in misura limitata la panmissia: infatti nel protallo ermafrodita avviene di regola l'autofecondazione, cioè i gameti maschili fecondano i gameti femminili prodotti dal medesimo gametofito.

La panmissìa garantisce alle specie un'alta variabilità genotipica, sicché quei singoli individui che si trovano ad avere, per combinazione, attitudini diverse e speciali riescono ad occupare 'nicchie' particolari.

Inoltre la popolazione complessiva risponde in modo non uniforme a occasionali situazioni ostili, quali ad esempio: arrivo di parassiti e predatori nuovi, mutamenti climatici, esaurimento di talune risorse nutritive. La diversità di risposte è di grande vantaggio alla popolazione poichè garantisce che ci saranno sempre superstiti che potranno divenire capostipiti di popolazioni geneticamente predisposte a resistere alle calamità che essi hanno superato.

Presso le Gimnosperme un alto livello di panmissia è assicurato dall'impollinazione a distanza e dall'autosterilità. L'autosterilità fa sì che il polline di una pianta non riesca a fecondare le ovocellule in competizione col polline proveniente da altri individui della medesima specie.

Questo vantaggio, come spesso avviene, ha il suo costo e i suoi limiti. Il costo consiste in una forte spesa energetica: nei boschi, nei parchi e nei giardini ove crescono conifere, di primavera o d'autunno, si può osservare la 'pioggia di zolfo', la pioggia cioè di uno sterminato numero di granuli pollinici sprecati per la pianta, ma appetiti dagli insetti.

Un limite al trasporto del polline affidato al vento sta nel fatto che in foreste composte in maggioranza da latifoglie queste ultime finiscono con intercettare il polline delle conifere anche se prodotto in grande abbondanza.

 

Forma delle Gimnosperme

Presso le felci la formazione di rami non è comune e quando essa si verifica segue in genere lo schema arcaico della dicotomia cioè della semplice biforcazione simmetrica. Presso le fanerogame arborescenti, al contrario, la formazione di rami è la regola, fanno eccezione le cicadee, le palme e poche altre.

Presso la maggior parte delle Gimnosperme la ramificazione è monopodiale: dal fusto i rami si distaccano a raggera con angolatura varia a seconda della specie e delle varietà. Nel cipresso impropriamente chiamato 'maschio', i rami si distaccano formando un angolo molto stretto col tronco, sicché l'albero assume aspetto fusiforme o colonnare; nella varietà di cipresso detta 'femmina' i rami divergono invece con un angolo poco inferiore a quello retto, sicchè l'albero assume l'aspetto ben noto degli abeti, dei larici, dei cedri ed anche della Ginkgo (fig.) 

La frequenza con cui i rami si distaccano dal tronco e la loro angolatura dipende dall'attività del meristema apicale, e questa a sua volta è controllata dal patrimonio ereditario e da talune condizioni ambientali: nei boschi ombrosi le giovani piante si allungano in fretta e i palchi delle loro ramificazioni sono distanziati, sicché esse appaiono esili e spogli, ma quando raggiungono la luce la chioma si espande e quindi il tronco si ispessisce.

Nelle araucarie (ma non in tutte) e in alcuni pini la forma dell'albero si realizza attraverso lo schema semplice e preciso secondo il quale si dividono le cellule dei meristemi apicali: il primo palco porta quattro rami che si biforcano due sole volte, il secondo palco porta quattro rami che si biforcano tre sole volte e via di questo passo: la pianta assume pertanto un insolito aspetto simmetrico e regolare, ma ad esso fa riscontro una forte rigidità, o stereotipia, dello sviluppo che non risente della illuminazione diversa per le varie parti della chioma.

Presso le Angiosperme arboree la morfogenesi procede in modo diverso.  

Cicas

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Ginkgo biloba

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Sezione longitudinale di strobilo maschile; sono visibili le squame fertili (microsporofiti)

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Ovulo di Pino; si può vedere l'endosperma primario e gli archegoni con due oosfere

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Strobilo femminile maturo

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Bacche di ginepro

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Cipresso presenta chioma stretta, affusolata nella varietà "stricta" (detta anche C. maschio), espansa nella var. "horizontalis" (C. femmina).

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