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Aspetti strutturali e funzionali degli animali

Si usa dare per ciascun gruppo di animali una sintetica definizione, che di solito risulta piuttosto vaga dovendo adattarsi a insiemi di organismi che, pur avendo avuto origine comune, si sono poi evoluti in direzioni diverse, realizzando strutture difformi. Si pensi alle differenze tra una farfalla e una pulce, entrambi appartenenti alla classe degli insetti, e alle differenze tra la talpa e il pipistrello entrambi appartenenti alla classe dei mammiferi.

Per meglio orientarsi in questi problemi conviene fare ricorso ai concetti di piano organizzativo ( o strutturale) e di architettura funzionale.

Il piano organizzativo è quello proprio del gruppo di appartenenza, mentre l'architettura funzionale concerne il modo in cui l'animale si muove, il modo in cui si procura il cibo e il ruolo che esso disimpegna mell'economia dell'ambiente in cui vive.

Ad esempio il piano organizzativo degli Anfibi contempla la presenza di quattro arti, di due occhi e una locomozione serpeggiante, ma le Cecilie, anfibi sotterranei, sono sprovviste di arti e di occhi e, come i lombrichi, procedono entro le loro tane con movimenti peristaltici.

Non è errato dire che la forma e l'anatomia di un animale sono intimamente legate al loro modo di muoversi e di alimentarsi. Pertanto, per procedere in modo ordinato nella nostra analisi prenderemo in considerazione il sostegno del corpo degli animali, il modo in cui si nutrono, il modo in cui si muovono, a prescindere dal piano organizzativo di cui essi dispongono a causa dell'appartenenza a questo o a quel phylum, a questa o quella classe. 

 

Sostegno del corpo

Una medusa ha un corpo emisferico o discoidale al disotto del quale pende un 'manubrio'. Sia l'ombrella sia il manubrio constano di due sottilissimi strati epiteliali tesi su una massa gelatinosa piuttosto consistente, la mesoglea, che dà sostegno a tutto il corpo; si parla in questo caso di idroscheletro. La mesoglea è formata da una minima frazione di materiale proteico che ingloba una grande quantità d'acqua la cui percentuale può essere stimata superiore al 95%. Questo tipo di scheletro è molto adatto poiché a una forte economia di materiale organico unisce una discreta consistenza e una buona elasticità; esso è anche trasparente, cosa utile a un animale pelagico che per tale fatto risulta poco visibile a un eventuale predatore (fig.).

Identico materiale dà sostegno agli Ctenofori, animali marini somiglianti alle meduse, ma di forma molto diversa (fig.).

Nei Tunicati è la tunicina (sostanza affine alla cellulosa) che dà sostegno al corpo dell'animale: anche questo materiale è ricchissimo d'acqua, resistente, flessibile, trasparente (fig.).

L'impalcatura di questi animali marini (mesoglea o tunica) serve anche da attacco per le fibre contrattili, ma da questo punto di vista non è molto efficiente. Molto più efficiente è lo scheletro rigido. Lo scheletro è esterno negli Artropodi e consta di chitina, mentre è interno nei Vertebrati in cui è formato da cartilagine o da fosfato di Calcio. Lo scheletro rigido, presente per esempio in tutti gli Artropodi e nei Vertebrati, offre vantaggi meccanici molto grandi poiché i segmenti che lo formano possono funzionare come leve e quindi moltiplicare o demoltiplicare l'ampiezza della contrazione muscolare (fig.). 

Lo scheletro esterno proprio (esoscheletro) degli Artropodi offre inoltre protezione meccanica e limita la disidratazione; anche la conchiglia calcarea dei molluschi può venire intesa come una sorta di scheletro esterno.

Negli animali terrestri nei quali la spinta archimedea viene a mancare, il sostegno scheletrico diviene indispensabile : nessuno ne è privo.

Agli animali che dimorano nel fango, nella sabbia o dentro il terreno il tipo di scheletro che offre i massimi vantaggi è l'idroscheletro che permette di sfruttare il principio del torchio idraulico e quindi di vincere le forti resistenze che l'animale può incontrare durante lo scavo ed anche di sfruttare il moto peristaltico: ne sono muniti molti animali vermiformi quali i Nematodi e gli Anellidi.

 

Come si muovono gli animali

In tempi non tanto antichi si distinguevano gli animali dalle piante in base all'attitudine al movimento. Si diceva, piuttosto semplicisticamente: se si muove è un animale, se non si muove è una pianta. Questo criterio ha ricevuto poi molte smentite a proposito delle spugne, dei coralli e persino della mimosa, ma sta di fatto che il movimento è un'attitudine molto evidente degli animali ed è quindi necessario occuparsene.

I sistemi di locomozione di cui dispongono gli animali sono gli stessi di cui dispongono i protisti: contrazione 'muscolare' e battito di ciglia.

Il battito delle ciglia è certamente efficace, e probabilmente più economico, finché la lunghezza dell'animale non supera alcuni millimetri e la sua massa qualche decina di mg. Quando la massa aumenta si fa presto sentire l'effetto scala: se la forma è globulare le superfici ciliate crescono secondo il quadrato delle dimensioni lineari e la massa secondo il cubo. Se però l'animale è fortemente appiattito lo squilibrio tra superficie ciliata e massa si corregge alquanto, e tale correzione torna anche a vantaggio degli scambi gassosi.

Presso gli animali più semplicemente organizzati la locomozione è ancora affidata alle ciglia, sia per strisciare sul fondo delle acque sia per il nuoto.

Per muoversi tra gli interstizi dei granelli di sabbia alquanto grossolana l'apparato ciliare va ancora bene se gli animali hanno dimensioni microscopiche, ma questo apparato funziona male per gli animali di grosse dimensioni che non possono appiattirsi oltre un certo limite e non funziona affatto per quelli che scavano nel fango o nel terriccio. In questi casi vediamo intervenire la muscolatura, sia nella forma più semplice di cellule mioepiteliali, sia nella forma più evoluta di fibre muscolari.

La muscolatura per agire ha bisogno di strutture d'appoggio più consistenti di quelle che sono sufficienti per l'apparato ciliare.

Nelle meduse la muscolatura agisce deformando la massa gelatinosa dell'ombrella che ha però sufficiente elasticità per riprendere la forma originaria nel momento in cui la contrazione cessa.

Nei ragni la muscolatura contraendosi flette le sottilissime gambe, quando si rilascia interviene la pressione idraulica dell'emolinfa che le distende, rendendo possibile il passo seguente. Negli artropodi muniti di arti più massicci esistono invece muscoli antagonisti che raddrizzano ciò che è stato piegato e il loro gioco alterno sull'esoscheletro contribuisce anche a graduare finemente il movimento(fig.). Nei Vertebrati avviene altrettanto grazie all'inserzione dei muscoli sui vari segmenti ossei tra loro incernierati .

Negli animali muniti di idroscheletro è necessario che la pressione esercitata dai muscoli sulla massa liquida sia bilanciata da un involucro esterno pressoché inestensibile, altrimenti l'azione muscolare non avrebbe altro effetto che di sfiancare le pareti del corpo. 

In effetti tutti gli animali muniti di idroscheletro sono provvisti di una cuticola esterna molto rigida entro la quale però si trovano in certo modo imprigionati, come vedremo meglio a proposito dei Nematodi.

L'idroscheletro consente alla muscolatura di effettuare movimenti sinusoidali molto efficienti sia per strisciare sul fondo, sia per nuotare nei fluidi: consente anche movimenti peristaltici che consistono nel propagarsi di un'onda di contrazione dall'indietro verso l'avanti o viceversa. Questo tipo di movimenti è efficacissimo per procedere entro strutture tubolari e soprattutto per lo scavo (fig.).

Su suolo accidentato, tuttavia, la locomozione mediante zampe articolate è quella che consente la maggiore mobilità e la maggiore velocità : è stata adottata da quasi tutti i vertebrati e da tutti gli artropodi terrestri.

Gli insetti sono provvisti di sei zampe, numero perfetto per la deambulazione poiché ad ogni passo poggiano al suolo tre zampe che forniscono un appoggio molto stabile. La maggior parte dei mammiferi usa quattro zampe, condizione abbastanza buona purché il sistema nervoso e l'apparato sensoriale siano molto efficienti, dato che durante la marcia rimangono alternatamente in precario equilibrio su due zampe; questo discorso vale a maggior ragione per gli uccelli e per quei mammiferi che, disponendo di due sole zampe, ne poggiano al suolo una per volta.

 

Raccolta del cibo

Nessun animale nel procurarsi il cibo può permettersi di consumare più energia di quanta ne ricava poi dal cibo stesso: in tali casi gli conviene piuttosto digiunare. Le strategie (o gli espedienti) per procurarsi il cibo con poca spesa sono numerose nel regno animale e spesso sono state adottate in modo indipendente in phyla molto diversi.

Gli animali filtratori

I più antichi animali non trovavano nelle acque altro cibo che i microorganismi, ed in effetti le spugne, che sono appunto gli animali più antichi e più primitivi, si nutrono di microorganismi che ottengono filtrando grandi quantità d'acqua. Il corpo di una spugna è percorso da canalicoli nei quali fluisce l'acqua sospinta dal battito delle ciglia. L'acqua trascina particelle e microorganismi che vengono a contatto con le cellule che le fagocitano e le digeriscono. 

Altri animali microfagi 'sospensivori' e 'planctofagi' che si nutrono per filtrazione di particelle di detrito o di organismi unicellulari, sono comparsi in sèguito: Tunicati, Brachiopodi e Molluschi Bivalvi. Tutti questi animali che troviamo attaccati agli scogli o semisepolti nella sabbia producono grazie agli epiteli ciliati (o vibratili) un flusso d'acqua. Nei Tunicati il 'cestello branchiale' trattiene le particelle che vengono poi convogliate nell'intestino inglobate in un cordone di muco. Nei Bivalvi dette particelle vengono trattenute tra le maglie delle 'branchie' e vengono convogliate verso la bocca col medesimo sistema. Nei Brachiopodi è l'epitelio ciliato delle 'braccia' che muove l'acqua e spinge le particelle nutritizie verso la bocca. Gli animali filtratori microfagi sono quasi tutti confinati nel mare poichè in acqua dolce si spende troppa energia nel controllare l'intenso flusso endoosmotico che si verifica attraverso le vaste superfici epiteliali ciliate. Nelle acque interne si nutrono di microorganismi soprattutto i Crostacei: con le appendici protette dall'esoscheletro chitinoso spingono l'acqua verso la bocca ove una palizzata di sottili setole trattiene il materiale che verrà poi ingerito.

Animali filtratori su tutt'altra scala sono le balene e taluni squali: il Cetorhinus maximus (lungo oltre 10 metri) e il Rhyncodon typus (lungo fino a 20 metri). Le Balene filtrano l'acqua attraverso i fanoni che pendono dal palato, gli squali attraverso le setole disposte sulle fenditure branchiali. Vittime di questi famelici giganti dei mari sono soprattutto minuti crostacei che formano immensi sciami nelle acque marine. 

Gli animali polipiformi e quelli vorticatori

Molti animali marini muniti del piano organizzativo più diverso hanno forma di 'polipo', hanno cioè un tronco colonnare con una bocca rivolta verso l'alto e circondata da una corona di tentacoli. Il corpo può essere sostenuto da una rigida teca esterna, meno spesso da un idroscheletro o da uno scheletro interno.

 Gli animali polipiformi che dimorano nelle acque più profonde raccolgono le particelle di materiale organico che piovono dall'alto a seguito della morte e del disfacimento degli organismi che abitano i livelli superiori illuminati; molti di essi però vivono in acque superficiali a spese di organismi viventi che vanno casualmente ad urtare contro i loro tentacoli.

Altri animali polipiformi usano una tecnica più raffinata: le ciglia di cui sono muniti i tentacoli disposti a spirale o a ventaglio producono un vortice che convoglia le particelle alimentari al centro della corona di tentacoli ove si apre la bocca. Il processo è simile a quello per cui il vortice prodotto dal cucchiaino nella tazza da tè fa affluire le foglioline dell'infuso al centro della tazza. Questi animali microfagi sospensivori appartengono alle classi dei Policheti e dei Briozoi.

Gli animali predatori

Essi risolvono il problema dell'alimentazione in una grandissima varietà di modi. Tuttavia tre comportamenti basilari possono essere individuati : la predazione di vittime immobili o quasi immobili, la predazione all'agguato di vittime mobili, la cattura della preda mediante inseguimento.

Per predare organismi immobili o quasi immobili non occorre grande bravura, ed in effetti gli animali attaccati agli scogli, come i coralli e le madrepore, vengono divorati da animali ben poco specializzati, quali le stelle marine e i pesci Plettognati (questi ultimi hanno però buoni denti). Anche i molluschi bivalvi che stanno nascosti nei fondali marini sabbiosi vengono attaccati da animali diversissimi e specializzati solo nel frantumare o perforare o aprire la conchiglia: trichechi, razze, molluschi gasteropodi, e ancora stelle marine.

La predazione all'agguato, all'incontrario, richiede varie specializzazioni: innanzitutto buona vista, poi buona capacità di mimetizzarsi o di camuffarsi, ed infine scatto: o del corpo intero o di una sua parte.

I polpi e molti ragni balzano addosso agli insetti o ai crostacei di cui si nutrono (fulminandoli col veleno se sono pericolosi); il gatto e la civetta fanno altrettanto con i piccoli roditori. Il camaleonte lancia contro gli insetti la lingua vischiosa, mentre le mantidi, la mantispa, certi emitteri, nonché la canocchia (Squilla mantis) abbrancano la preda con le zampe raptatorie, conformate, per un curioso fenomeno di convergenza, tutte allo stesso modo.

Questi animali hanno adottato, per usare lo stesso linguaggio dei militari, una strategia 'balistica', mentre hanno adottato una strategia 'missilistica' quelli che inseguono a nuoto, a corsa, a volo una preda mobile: è il caso del ghepardo, del leviero, di una folla di pesci, dello sparviero, dei pipistrelli, delle libellule e di tanti altri.

Il vantaggio della strategia missilistica è evidente: se il predatore all'agguato fallisce il colpo la preda è salva; se il predatore che insegue dispone di una velocità sia pure di poco superiore e di un programma opportuno, la preda viene comunque catturata.

Medusa

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Cestus veneris, uno ctenoforo. (Galerie Macroplancton de Méditerranée Foto di David Luquet)

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Ciona intestinalis, Tunicato

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Spostamento del lombrico nel terreno attraverso i movimenti peristaltici

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L'esoscheletro permette la nascita di arti articolati

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